RIACE. E Mimmo il Curdo saluta col pugno chiuso l’Italia che lo sostiene

RIACE. E Mimmo il Curdo saluta col pugno chiuso l’Italia che lo sostiene

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Hasta siempre”. È il saluto finale di Mimmo Lucano alla folla, per bocca di Chiara Sasso, della Val di Susa, cittadina onoraria di Riace e attivista della Rete Comuni Solidali. La piazza è un bel colpo d’occhio, a due livelli, con il Municipio in alto, sullo sfondo, di un colore di soave malinconia, come il riflesso irrequieto dell’ultimo sole che va ad annegarsi nelle acque del mare. Il vecchio borgo oggi sarebbe uno dei tanti paesi fantasma che scorticano la natura dell’Aspromonte, se non fosse stato per la geniale umanità di un uomo coraggioso.

Sono le mani a sventolare le bandiere rosse, non c’è un filo di vento. Il cielo però minaccia tempesta. Grava addosso indeciso, con chiazze di un azzurro intenso, quasi l’avessero appena ripassato con una mano di vernice, e con nuvole nere colme di un’acqua da tempesta. Sceglie infine la via di mezzo: di piovigginare su una folla variopinta, di locali con i coloriti della razza umana, non importa se bianca o nera o imbrunita, e dei tanti giunti da ogni dove, tutti assieme a gremire la piazza, ad accalcarsi sulle balconate.

Inneggiano a Lucano, cantano “Bella ciao”, fremono di passione alle frasi calde di politici, sindaci, rappresentanti di associazioni, cittadini arrivati a portare solidarietà a un Sindaco agli arresti domiciliari solo perché, di fronte a un’umanità dolente, ha scelto di macchiarsi di reati d’amore, di disubbidire a favore della solidarietà, ha ritenuto che esistano valori umani, sentimenti che attengono all’anima più profonda, liberi di mettere in second’ordine la rigidità delle leggi. Sono migliaia. E sono finalmente ribelli, non ci stanno e protestano.

È novità per una terra che si fa scivolare addosso tutto, senza mai una lamentela, che monta placida e rassegnata sul treno della speranza per andare a curarsi al Nord anche per prestazioni di basso peso sanitario come un’appendicite. È un risveglio inaspettato dopo silenzi di decenni, se si pensa che l’ultimo vero sussulto di popolo fu quello effimero per Reggio capoluogo.

 Il rosso delle bandiere sa di saudade, per un mondo che non c’è più, che gli eventi hanno messo da parte, sconfitto forse, e così i frammenti di parole che si captano, e così il pugno chiuso che Lucano sporge dalla finestra della prigione per salutare quanti lo acclamano a gran voce, e così le rosseggianti parole di Peppino Lavorato, l’ultimo grande combattente del PCI. Si avverte lo scatto d’orgoglio della sinistra più a sinistra. Non ci sta a scomparire, non vuole essere risucchiata dalla storia. E si coglie un vago senso di disperazione, un’estrema resistenza in grado di quagliare attorno a un simbolo comparso a illuminare l’orizzonte quando un sole già basso sbiadiva e allungava le ombre. Del PD, poca roba. Forse perché i loro modelli li hanno già e se li tengono stretti e cari, inamovibili. Forse per un po’ di coscienza sporca: benché il carnefice venga additato nel ministro Matteo Salvini, si sa che la pratica ebbe inizio con il posteriore di Minniti sulla stessa poltrona.

Si intravedono presenze illustri. C’è Laura Boldrini, che sceglie di non parlare e di essere popolo in mezzo al popolo. Ci sono quattro sindaci della Locride, che sembrano pochi ma non lo sono, essendo buona parte dei restanti falcidiata dagli scioglimenti per mafia dettati da una legge indiziaria, e da cambiare, stante che nulla aggiusta se uno stesso comune viene sciolto a ripetizione. C’è l’assessore Panini di Napoli. C’è Accorinti, l’ex Sindaco di Messina, quello con i sandali. C’è Libera. C’è un Sindaco pugliese. C’è il Sindaco di Cerveteri, che s’è autodenunciato per aver commesso gli stessi reati di Lucano.

Parole di pace quelle affidate da Mimmo Lucano alla portavoce. Non c’è sfida allo Stato, “non ho rancori o rivendicazioni contro nessuno”. C’è l’orgoglio e la convinzione di essere nel giusto, “la storia siamo noi con le nostre scelte, le nostre convinzioni, le nostre incertezze, i nostri ideali, le nostre speranze… e ci sono i popoli con le loro sofferenze, le lotte, e noi non possiamo ignorarli”. Rivolge il pensiero “a tutti voi che siete un popolo in viaggio verso un sogno di umanità, verso un immaginario luogo di giustizia”. Proclama la “necessità prioritaria del rispetto dei diritti umani”.

Domiciliari anomali, quelli di Lucano, se può ricevere visite istituzionali, dei giornalisti, dei politici, se può essere intervistato dalle televisioni, se può esprimersi su Facebook. Gli è stato concesso dal Gip. E questo ci dà il senso della disarmonia esistente all’interno del sistema giudiziario, dove evidentemente si sono contrapposte diversità di vedute, dove c’è chi pensa che la punizione sia stata eccessiva, una supina ubbidienza a un andazzo della politica mutato da così a così.