Nei giorni scorsi in Italia abbiamo ricevuto una buona notizia: i tumori diminuiscono. Per il 2019 si stimano 371mila casi. Duemila in meno dell’anno precedente. Massimo Rugge, presidente dell’Associazione italiana registri tumori (Airtum) ha raccontato la geografia italiana del fenomeno. L’insieme dei tumori maligni di uomini e donne diminuiscono man mano che si passa dal Nord al Sud. Nel Centro Italia, per i maschi, si registra il 4% in meno di tumori maligni rispetto al Nord; nel Sud, addirittura il 17%. Per Rugge “è verosimile attribuire tale situazione a fattori che agiscono in senso 'protettivo' come abitudini alimentari, vita riproduttiva, minore esposizione a fattori di rischio ambientale”. Ma l’ipotesi che per Rugge “è verosimile” a noi sembra una mistificazione che (speriamo involontariamente) nasconde la tragedia italiana del dualismo nord-Sud perfino rispetto alla vita e alla morte, cioè rispetto al diritto di vivere. Lo stesso Rugge dopo aver teorizzato “i fattori che agiscono in senso protettivo” è costretto ad aggiungere che “Al Sud, tuttavia, la minore adesione agli screening oncologici non ha fatto rilevare quei benefici effetti della diagnosi precoce che si registrano al Nord". Dietro questa frase così vaga e confusa si nasconde il fatto che nonostante la tesi che i tumori si registrino al Sud in minor quantità rispetto al Nord a Sud i morti per tumore sono più che a Nord. Un giornale attento alle cose del Mezzogiorno come Il Mattino, il 25 settembre ha infatti “sparato” in prima pagina a caratteri cubitali: “Calano per la prima volta i malati di tumore ma al Sud si muore di più”.
La contraddizione, o meglio il mistero, per cui ci ammaliamo di meno ma moriamo di più sono fondati sul fatto che non è vero che ci ammaliamo di meno. E’ vero che le indagini sulla popolazione gli streening per individuare la malattia a Sud sono decisamente meno che a Nord. I tumori a Sud li scopriamo tardi quando diventa più difficili sconfiggerli. Buone abitudini ci rendono più forti rispetto alla malattia: nessun dubbio. Ma la differenza non sta qui.
Due anni fa l’Istituto Superiore della Sanità (Iss) all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Campus Biomedico di Roma spiegò che in Campania e Sicilia l’aspettativa di vita è regredita allineandosi alla Bulgaria e che più in generale si era profondamente differenziata da zona a zona. Per esempio, a Trento e nelle Marche rispetto a Campania e Sicilia è più alta di 4 anni.
Differenze inaccettabili provocate da quella che gli esperti chiamano “la morte evitabile”. La morte che può venire scansata individuando la malattia prima che sviluppi la sua potenza devastatrice grazie a cure adeguate. Insomma, prevenzione e cure efficaci. Quindi sanità per tutti con le stesse garanzie di tempestività ed efficienza. E’ la morte evitabile che crolla al Nord. Flette ancora poco al Centro. S’impenna, con punte del 20% al Sud.
Non c’è un destino cinico e baro. Al Nord, tanto per fare un altro esempio, ci sono molti più casi di tumore alla mammella che al Sud. Ma il tasso di mortalità, e non è un paradosso, è più alto nel Mezzogiorno. Il fenomeno ha ripreso a correre dal 2001 quando la modifica del Titolo V ha regionalizzato la sanità.