Quando i terroni bevevano champagne

Quando i terroni bevevano champagne
pop È un percorso oramai consolidato: un nord che depreda e accentra e un sud che si svuota e arranca. E che al Meridione abbiano preso tutto è una verità sacrosanta, hanno preso ciò che di più importante si ha: il diritto di scegliere dove vivere. Siamo stracci in balia dei venti economici, tutti i figli dei sud del mondo. Attenti però, che i presenti tristi sono satiri beffardi: costruiscono passati luminosi che mai hanno visto albe antiche. Per quelli come me, che la genia dei padri ce l’hanno scritta nei cognomi, non basta il nascondimento di prefissi, suffissi e desinenze: l’accordanza a un padrone troneggia come un monito che spinge verso il futuro, per conquistare una condizione migliore. La fregatura sta in quei cognomi altisonanti che burlone e miserevoli mani hanno scritto per augurare un avvenire meno duro ai trovatelli. Peggio, l’inganno si annida in racconti famigliari che ricostruiscono una storia blasonata immersa nei canonici tre quarti di nobiltà. La verità, e questa vale a nord e a sud, e anche ai lati, è che i passati illustri sono sempre appartenuti alle elites, mai al popolo. Il volgo, casomai, ha costantemente servito l’illustreria altrui.

La costante, a ogni latitudine, è che le rivendicazioni razziali, territoriali, storiche, si rivelano sempre delle grandi fregature per il popolo. Servono per ridare linfa ai potentucoli locali messi da parte da un nuovo sistema di potere, o per creare nuove elites che, inevitabilmente, al modo solito, tiranneggeranno il popolo.    

Così, fratelli terroni, tenetela ferma la convinzione che il popolo meridionale ha subito e subisce gravi ingiustizie; ma, quando vi parlano di immense ricchezze passate di enormi fabbriche, di treni sfolgoranti di strumenti di democrazia avanzata e costituzioni ultra libertarie, tirate il freno: Noi, gli ori al massimo li trasportavamo a mò di muli, sui treni ci salivamo per rifornire di carbone le caldaie, nelle fabbriche non ci lavoravamo con paghe e orari sindacali, e uno straccio di diritto non c’è mai stato concesso nemmeno ai tempi dei filosofi.

Il passato non è mai appartenuto al popolo, si va avanti proprio con la speranza che prima o poi arriverà anche il tempo giusto per poveri e umili. Per adesso teniamoci in pancia la certezza che il popolo terrone lo champagne non l’ha mai assaggiato, l’ha sempre visto bere agli altri.