
Sono 3700 e di pochi conosciamo il nome, negli ultimi 15 anni sono 8607 per lo più bambini, donne e uomini sotto i 30 anni... una generazione inghiottita dalle onde e presa per il culo dalla speranza;
Perché di speranza si tratta, miei cari, un futuro migliore, un pasto caldo o come ha detto Abdoul, libico ventenne scampato alla mattanza: “Meglio morire in mare che stare in Libia. In mare si muore una volta sola, se stai in Libia è come se morissi tutti i giorni”.
Dopo l’ennesimo naufragio siamo arrivati a 3745, un numero “tondo tondo” che poco ancora ci fa capire la complessità del problema.
Perché di questo si tratta miei cari, mancanza di comprensione, mancanza di lucidità davanti al vero problema, davanti alla vera questione, perché in questa macabra rendicontazione degna di un commercialista sadico, perché dietro la cifra tonda delle 8652 vittime ci sono nomi, storie, c’è una parola della quale abbiamo dimenticato il significato più ampio e vero, forse perché troppo impegnati a condividere post di cordoglio su facebook o a giocare a chi odia di più l’immigrato, facendo nostre delle storie figlie del più stronzo tra i politici; abbiamo dimenticato che cosa significa la parola : empatia
Pensateci bene, con ognuna delle 8652 vittime è morta una speranza, con ognuna delle 8652 vittime è affogata una possibilità, un talento, una gioia, sono state cancellate dall’avidità dell’uomo e dalle onde 8652 storie, 8652 amori, 8652 sorrisi, 8652 speranze.
Samir morto a 20 anni prima di arrivare in Italia, Samir che è arrivato cadavere nelle spiagge di Pozzallo, Samir che tra le mani viola stringeva una lettera per il suo unico amore: "Mio adorato amore, per favore non morire, io ce l'ho quasi fatta. Dopo mesi e giorni di viaggio sono arrivato in Libia. Domani mi imbarco per l'Italia. Che Allah mi protegga. Quello che ho fatto, l'ho fatto per sopravvivere. Se mi salverò, ti prometto che farò tutto quello che mi è possibile per trovare un lavoro e farti venire in Europa da me. Se leggerai questa lettera, io sarò salvo e noi avremo un futuro. Ti amo, tuo per sempre Samir"
George il liberiano morto a Lampedusa o quel povero Cristo che, presagendo la sua fine in quell’orto del Getsemani che è diventata l’Europa, cosi scriveva in un pacchetto di sigarette che stringeva tra le sue braccia tumefatte:"Volevo essere con te. Non osare dimenticarmi. Ti amo tantissimo, il mio desiderio è che tu non mi dimentichi mai. Sati bene amore mio. A ama R".
Abbiamo dimenticato l’empatia, cari miei, anche davanti alla fotografia di Aylan il bambino siriano di tre anni scivolato dalle mani del padre verso il suo destino di morte.
Abbiamo dimenticato l’empatia quando la morte è diventata la normalità, quando è stata difficile la scelta, la sottile valutazione, quando l’indignazione è stata più forte per i morti negli altri emisferi.
Abbiamo perso l’empatia quando la carneficina che si sta consumando è diventata in noi lampo di dolore e non una continua ed amara tristezza.
Abbiamo dimenticato l’empatia, cari miei, nel momento esatto in cui ci siamo sentiti invasi, minacciati, assaliti nei nostri castelli di ricchezze da soldati vestiti di stracci e che affogano a migliaia.
Abbiamo dimenticato l’empatia cari miei e sarà quasi impossibile tornare indietro.
Abbiamo dimenticato l’empatia cari miei e non sarà possibile tornare indietro almeno fino a quando, seduti nelle nostre comode poltrone, capiremo che là fuori si muore e si continua a morire per ciò che ogni uomo dovrebbe avere, per quel diritto sacrosanto e inalienabile di: pane, speranza e una possibilità.
Restiamo umani...per 8652 volte...restiamo umani!