LA PAROLA e LA STORIA. Paru, sparu, paruesparu

LA PAROLA e LA STORIA. Paru, sparu, paruesparu
paros   Paru, paio, numero pari, ma anche indeterminato per piccole quantità:  cogghìmmu un paru di finocchi e ndi ricogghimmu p’a casa, abbiamo raccolti alcuni finocchi e siamo tornati a casa; ndavi na para d’uri chi partiru e ancora non si vìdunu, sono partiti da alcune ore ma ancora non si vedono;  sparu, dispari, è il contrario di paru e  viene ad esso congiunto nel nesso paruesparu, parimpari nel linguaggio dei pitagorici che identificavano tale qualità nel numero ‘uno’ perché aggiunto a un numero pari genera un dispari e viceversa.

In calabrese paruesparu indica la somma e fari lu paruesparu significa tirare le somme di un determinato affare: fici lu paruesparu e capiscìa chi no mi cumbeni ( ho tirato le somme e mi sono reso conto che non mi conviene).

Un paru vale sia per legami simbiotici (stu paru di ndrànguli, ‘sto paio di palle) che per quelli artificiali  (un paru di pani, un pane fatto di due biscotti accoppiati).

Sinonimo molto usato di paru è cucchia, coppia: na cucchia i cunigghi, na cucchia ai puddhicini, na cucchia i malacarni.

Cucchia genera ncucchiari o ccucchiari, accoppiare, mettere assieme, tra persone (S’era ncucchiatu cu na buttana chi lu purtau a mala strata, si ncuccchiau mali) ma anche tra animali per la riproduzione.

Chi mi ccucchi, chi mi sta ccucchiandu, sono espressioni di difesa verso un interlocutore che assembla cose stravaganti o false con l’intenzione di convincere gli scettici.

A volte il calabrese, come d’altra parte l’italiano, usa per esprimere il concetto di doppio il prefisso bi- davanti all’aggettivo.

Diffuso è l’aggettivo Bì-feru, riferito dai comuni dizionari italiani alle piante che fioriscono o fruttificano due volte l’anno con etimologia latina (Bi-fero, porto due volte, produco due volte); in calabrese indica sia l’animale che figlia due volte in un anno (pecura bìfera,  che partorisce in autunno e in primavera, e il nato dal secondo parto sarà un gneddhu bìferu) come pure quella che partorisce due agnelli gemelli.

Rohlfs attesta il fico bìfaru, che matura dopo la raccolta, il bozzolo bìfaru che racchiude due filugelli, il bìfaru genitale di donna (evidentemente metonimico, nel senso che un genitale che partorisce due figli è il genitale per antonomasia)  e il bìfaru villano e zoticone.

Infatti da noi si usa dileggiare qualcuno con l’epiteto rafforzato nimali bìferu,  alludente alla doppia animalità del destinatario.

 Bìferu-a è anche soprannome di persona risalente alla cafonaggine ma anche, in caso di donna, a protagonista di parto gemellare.

Bìferu dunque dimostra che il dialetto ha una riserva semantica molto più articolata della lingua nazionale, almeno in certi settori.

Rilevante per esprimere la dualità in lingua calabrese è la radice mdiddh-  da cui mbiddhusa, graminacea che cresce negli orti e nei giardini e si attacca ai vestiti dei contadini, specialmente a quelli di lana, con le centinaia di microscopiche ventose che ne costituiscono il fiore; mbiddhusu è l’untuoso di fronte a cui gli amici svicolano, il rompiscatole, la persona fastidiosa che pretende attenzione anche quando l’interlocutore non ne ha voglia alcuna, il corteggiatore a oltranza che continua ad infastidire con salamelecchi anche quando sa che non c’è trippa pe’ li gatti.

ll verbo mbiddhari, essere attaccato, attaccare qualcosa, si usa in contesti commerciali sbilanciati (nci mbiddhai na cosa chi non valiva nenti, mi pagau profumatamenti e mi ringraziau puru, gli ho affibbiato una cosa che non valeva niente, mi pagò profumatamente e mi ha pure ringraziato, si ziccau d’ancoddhu e voliva pe forza mi mi mbiddha a so’ scecca ch’era na vecchiarra e chi non teniva a la dritta, si è attaccato addosso e cercava di vendermi la sua asina che era vecchia e non si reggeva neanche all’in piedi.

Ma talvolta al truffatore capitava quello che capitò al pescivendolo che vendette il pesce stantio e, versato che ebbe il prezzo il compratore, disse sottovoce:  A lu frìjeri ti vogghiu, padeddha!, vorrei vedere la tua padella quando friggerà questo marciume; e l’altro, che aveva pagato con moneta falsa ed aveva l’udito buono, rispose: A lu frìjeri? A lu scangiari cchiù tostu!, Al friggere? Te ne avvedrai quando andrai a scambiare  i soldi che ti ho affibbiato!

Sbiddhari è il contrario di mbiddhari: Mamma mia, ncuntrai a me cugina si mbiddhau e non si sbiddhava cchiu, mamma mia, ho incontrato mia cugina, mi ha attaccato una pippa e non si staccava più!

Mbiddhari e sbiddhari esprino anche le azioni legate al coito ( nc’u mbiddhai, ndi mbiddhammu, gli ho attaccato il mio pene, ci siamo congiunti carnalmente) specialmente di animali come i cani in cui coito e incollamento sono sinonimi anche di fatto, come il greco classico Bineo, ho rapporti sessuali,forma allotropa di Buneo,riempio, impregno, verbo denominativo dall’accadico binu, binnu, creatura generata dal rapporto sessuale.

L’italiano ha binare, partorire due gemelli, raddoppiare, mettere insieme due cose, mettere due volte una stessa cosa, con sviluppo di lemmi anche in campo scientifico, ma non presenta il significato di accoppiamento sessuale che abbiamo visto sopra.

Catambiddhu è il lievito, forse perché ‘si mbiddha da sotto’ (catà, in grecanico) alla farina.

 Da segnalare in latino bimus-a-um, di due anni.