
Nelle parole di Domenico Loddo ho percepito un grande entusiasmo nel portare avanti questa avventura a sei mani, che lo ha visto protagonista di qualcosa di completamente innovativo. Un esperimento del genere, era già stato fatto a Dresda da Vanessa Wormer, raccontando la storia del bombardamento subìto dalla città durante la seconda guerra mondiale, raccogliendone i commenti -anche in questo caso, usando le liste di broadcast di WhatsApp. Analogamente, quello del gruppo NoB non era che un esperimento rivolto a sondare i limiti, ma anche le potenzialità, che uno strumento come WhatsApp presenta nel raccontare storie e a farle diffondere.
Si procede a tentoni, si definiscono i confini e le possibilità dei nuovi mezzi, e si cerca di modificarne la destinazione per trasformarli in qualcosa di diverso. In questo caso è l’interazione degli utenti a determinare il senso dell’esperimento, mentre l’atto creativo si realizza nel momento stesso in cui la storia si polverizza nella rete per effetto della diffusione, formando infiniti rivoli di reazioni che confluiranno al punto di partenza, arricchendo e moltiplicando la storia stessa. Un successo per il numero di partecipanti e per le positive reazioni ma che, a dire dello stesso Loddo, nelle future versioni, per Milano e Torino, verrà reso più interattivo su narrazioni in grado di coinvolgere personalmente gli iscritti al broadcast in uno storytelling che fornirà anche una sorta di easy learnig.
Se, poi, andrete a consultare il sito del festival del Design di Matera, vi renderete conto di due cose:
1. la modernità delle proposte passa da un linguaggio ricco di locuzioni anglofone (infatti);
2. tutto questo vago dire altro non è se non fuffa.
Nel marasma sconosciuto di queste entità immateriali, tra i fatti e le cose, mancano certamente le parole adeguate per definirlo. Ci si arrampica su quelle già esistenti, usando i termini inglesi che ci paiono più efficaci. Ma tutto questo non fa che allontanarci da questa realtà virtuale, che ci appare indecifrabile ancorché incomunicabile. Abbiamo bisogno di tantissime nuove parole per definire e per dare consistenza a questo presente fuggevole e al futuro vicino e incomprensibile.
Oltre l’entusiasmo, c’è la voglia di sperimentare esplorando le opzioni tecnologiche di questo nostro tempo -smaterializzato e inconsistente, come la rete- in grado comunque, di produrre effetti sulle nostre vite, perché sebbene quello che si è fatto a Matera, in occasione di questo festival, appare più che altro come un’esperienza interessante, si tratta in effetti dei primi tentativi e approcci per scoprire ciò che riserva l’avvenire all’Homo Technologicus.
La cosa sicura è che a Matera-materia-materica si sono divertiti tutti come matti a giocare con gli utenti della rete e gli utenti si sono divertiti perché parte di qualcosa che sta cambiando, in questo avanti tutta verso l’ignoto dove mancano terre e mare.