di ALDO VARANO - Un muro. Un vero e proprio muro di obiezioni. Al Governatore (sospeso) che pimpante ha chiesto le dimissioni di massa, la riunione della maggioranza di cdx non ha risposto “no, grazie”. Ma dubbi, distinguo, “calma e gesso” sono stati sparati a raffica. Messi insieme decisamente più forti di un “non se ne parla neanche”.
Alla fine della riunione plenaria, presenti tutti i consiglieri di maggioranza, la giunta, i capigruppo, gli esterni, non è stato possibile annunciare le dimissioni. Anzi, sono stati distribuiti incarichi e mission esplorativi che lasciano immaginare che ci vuole tempo. Del resto, Scopelliti non s’è dimesso: ha annunciato che è tempo di farlo. Lui a fine riunione, e prima di avviarne un’altra (in conclave col solo Ncd), ha tirato le fila della discussione ma non ha potuto fare alcun annuncio solenne. Anzi, nessun dettaglio su quando farà protocollare le sue dimissioni mandando tutti a casa. Soprattutto, e questo ha impensierito tutti i presenti, non ha fatto parola sui suoi progetti personali: europee? ricandidatura regionale? dirigente romano del Ncd? Un bel posto di sottogoverno e buona notte al secchio? Lui non s’è scoperto; gli altri, pieni di dubbi, non hanno chiesto.
La riunione è stata incardinata con un discorso che più o meno esprimeva questi concetti: io mi dimetto comunque. E darò via a una battaglia per chiarire cos’è successo. Vi chiedo di dimettervi tutti insieme a me così il gesto politico sarà più potente e nessuno potrà far finta di niente. E prima di concludere avrebbe aggiunto che la storia di quella maggioranza avrà un futuro, ma quale e perché l’ha lasciato nel vago.
Hanno parlato tutti (degli esterni solo Caligiuri; zitti Mancini, Stasi, Sarra). E man mano che gli interventi si susseguivano si sono capite alcune cose. Intanto, l’Udc non è d’accordo a dimettersi e ritiene che si debba durare fino alla fine. Talarico e Trematerra (figlio, il padre non c’era) non l’hanno detto in modo esplicito, non hanno mai pronunciato un fatidico e netto “noi non ci stiamo”, ma i ragionamenti, le obiezioni, il girare e rigirare tra la legge elettorale, regolamenti, interpretazioni hanno fatto capire che dimettersi di propria volontà è un’ipotesi che neanche prendono in considerazione. La riunione s’è dipanata in un clima guardingo. C’è chi ha cominciato ad analizzare parole e atteggiamenti arrivando alla conclusione, forse maliziosa, che l’Udc, se la nave affonda, magari per vicende che con la regione non hanno nulla da spartire perché originate dal pasticcio Reggino, non è detto sia disponibile a morire affogata. La vita è bella perché è varia; come le alleanze politiche.
Anche Forza Italia, con gli interventi dei suoi rappresentanti, non è apparsa entusiasta all’idea di chiudere baracca e burattini per salvare il prestigio di Scopelliti e magari farne un eroe della persecuzione giudiziaria (per ingrassare di voti il Ncd). Morrone e Tallini sono stati più espliciti, ma anche gli altri hanno fatto intendere che la dimissioni sono un errore. Di nuovo la stessa scena: nessun no netto, ma dubbi e argomentazioni che se esplicitati portano a un dissenso che più dissenso non si può. Del resto, non è stato lo stesso capo calabrese del Ncd, il senatore Gentile, a dichiarare ai quattro venti che la legislatura deve arrivare fino alla fine naturale? Chissà se si è ispirato a lui il consigliere Mirabelli quando, lui del Ncd, ha fatto chiaramente intendere che le dimissioni non gli vanno proprio giù. Perfino Caligiuri ha teorizzato la necessità di continuare l’esperienza, fermo restando che, ha spiegato, si sarebbe rimesso alle decisioni della riunione.
Come sempre, quando si arriva all’impasse, il mezzo per tirarsi fuori è approfondire. Così il capogruppo del Ncd Chiappetta è stato incaricato di incontrare i capigruppo del Consiglio, tutti i capigruppo, per capire quali sono le reali intenzioni degli altri, csx compreso. Quelle vere perché i consiglieri del cdx sembrano non aver dubbi: le dimissioni non vanno bene neanche al Csx.
Dietro mugugni e dissensi più o meno velati ci sono calcoli politici e umani difficili da smontare in cambio di una battaglia di principio. Dimettersi vuol dire rinunciare a un anno di Consiglio, di stipendi, di status. Molti di quelli a cui Scopelliti chiede le dimissioni “in massa” sanno che mai più riusciranno a tornare in Consiglio perché si passerà da 50 a 30 consiglieri. Vogliono tutti un gran bene al loro ex Governatore, ma faticano a capire perché mai dovrebbero rinunciare a soldi e vantaggi di status che non rivedranno mai più.