L’INTERVENTO. Il natale della Calabria

L’INTERVENTO. Il natale della Calabria

promessi   di MARCO NASTASI -

“Questa notte riceverai la visita di tre fantasmi, uno che incarna il Natale passato, un altro quello presente, l'ultimo il Natale futuro”. Con queste parole, alla vecchia ed avara Calabria, viene annunciato cosa dovrà aspettarsi la notte della vigilia di Natale, fredda e solitaria come tutte le altre. Si, terra avara è questa, perché’ i suoi abitanti, che come in ogni luogo del mondo ne identificano l’anima e la coscienza, sono tragicamente avari, verso se stessi in particolar modo. Avarizia non intesa in senso materialistico, ma nell’ottica di un’energia spirituale che va trasformata in azione.

“Colui che è estremamente restio a spendere, non solo per altri ma anche per sé”, questa definizione tratteggia perfettamente quello che siamo come singoli e come comunità (presunta), incapaci , appunto di “spendere e spenderci” contro lo status quo, ma solamente di perpetuare il ruolo delle vittime sacrificali abbandonate dalle istituzioni, oppure, arrendersi all’indifferenza e all’ineluttabilità.

Ed allora, cosa si dovrà aspettare la Calabria, e noi tutti, dalla visita dei tre fantasmi? Il primo, quello del Natale passato, ci mostra come eravamo, rappresenta una sorta di memoria collettiva ed individuale, un salto nelle gloriose tradizioni della Magna Grecia, di quando si era il cuore del mondo. Ecco, davanti alle immagini delle fiorenti colonie e del mare sempre limpido, abbiamo sempre ceduto alla retorica e alle frasi autocelebrative del tipo: ”Quando qui eravamo la culla cultura ,in altri posti invece..”, come se tutto questo fosse un credito illimitato da mostrare al resto del mondo, una ricchezza che per sempre sarebbe bastata per mantenere una sorta di “stato” nobiliare, immutabile ed eterno, e non qualcosa su cui investire ogni giorno per difendere e riaggiornare un senso civico sempre più depauperato.

Poi, tocca al fantasma del Natale presente, quello che ogni giorno: “Si, ma c’è la Ndrangheta, “la colpa è dei politici” , come se i “politici” non sono stati i nostri compagni di banco, o non sono gli amici con cui si va a cena e l’“amico” a cui si bussa alla porta per dei favori, pero’, forse, in questo caso sono gli amici degli altri. Ed invece, il nostro sguardo sulle cose del presente non si sofferma sui comportamenti e di gesti di ogni giorno, che rappresentano invece il sedimento per un’orgogliosa e rinvigorita coscienza collettiva. Su tutti, il rispetto per l’altro, come individuo e cittadino, e quindi deplorare comportamenti prepotenti ed arroganti, tipici del nostro agire, sintetizzati dalla tipica espressione: “Tu non sai chi sono io”, pronta ad essere usata nelle più variegate scene della quotidianità, dalla lite per un banale parcheggio, a quella per la fila in una struttura pubblica, perché c’è magari l’”amico” impiegato che ci aspetta.

Alla fine, tocca al fantasma del Natale Futuro, lo aspettiamo tra paura e rassegnazione, ma il tempo passa, e questo futuro tarda ad arrivare. Ed in questa continua attesa, che la Calabria e noi tutti siamo intrappolati da troppo tempo, un eterno presente immobile e immutabile che si compiace e si accontenta di guardare solo ad un glorioso, ma tradito passato.

Albert Camus diceva: “Un uomo libero è un uomo che dice no”, un calabrese fiero e libero non è solo colui che sa dire no, ma che smette di essere avido e decide di spendersi per se e per gli altri per regalarsi il futuro