LETTERA A VECCHIONI. E se tutti superassimo certi argomenti su superiorità o inferiorità territoriale?

LETTERA A VECCHIONI. E se tutti superassimo certi argomenti su superiorità o inferiorità territoriale?

vecchioni

Qualche giorno fa, Roberto Vecchioni, ha rilasciato una intervista al Sole 24ore, su Milano. Intervista nel complesso interessante, ma con alcuni passaggi che mi hanno lasciato francamente basito. Conoscendo peraltro la sua sensibilità e la sua cultura umanistica, che non devo essere io qui a ricordare.

Riporto testualmente: “Milano intanto è l'unica città italiana, gli altri sono paesoni. Non è grandissima, ma in qualità è l'unica vera città in Italia. E questo non lo dico, per orgoglio.”

Mi chiedo, molto semplicemente: ma come si permette di bollare cosi le altre città italiane? Come si permette di trattare cosi Roma, Torino, Bologna, Napoli, Palermo, Genova, Firenze, Catania, Venezia, Bari? E mi fermo alle città più grandi, perché non oso pensare come chiamerebbe le altre città medie e “piccole”. Come si permette di dare o togliere lo status di città in questo modo? Dobbiamo per caso stare qui a discettare su cosa si intende per città?

E poi, la sottolineatura sulla qualità. Ma vogliamo proprio metterci a parlare della qualità culturale, imprenditoriale, ambientale, paesaggistica, artistica, sociale, istituzionale, amministrativa, e mi fermo qui, delle città summenzionate? Se c’è uno dei punti di forza dell’Italia, è l’equilibrio e la varietà della sua armatura urbana, in cui manca, fortunatamente, una polarizzazione netta come in Francia (Parigi) o in Gran Bretagna (Londra). Milano, come le altre città, ciascuna con il proprio, interdipendente, ruolo, è importante per il funzionamento di questo problematico, ma meraviglioso paese. La cui eterogeneità è notoriamente una delle sue ricchezze.   

Ma in quale paese vive, Vecchioni?  

Onestamente, di questi accenti di superiorità, di boria, non se ne può più. Questi discorsi sulla superiorità e inferiorità regionale, sono a dir poco superficiali e puerili: ma non riusciamo a superarli, almeno tra esseri pensanti? In queste parole non ci vedo nulla dell’apertura mentale, dell’ampiezza di vedute tipicamente milanesi, che ho personalmente conosciuto e apprezzato; piuttosto, paradossalmente, ci vedo tanto provincialismo.

 

E poi, in un altro passaggio, aggiunge che, ca va sans dire, chiunque critica Milano è invidioso. Riporto di nuovo testualmente le parole: “Si chiama invidia, è l'invidia davanti ad una città così grande e così capace di trascinare il resto d’Italia. È come se fosse la favola della formica e la cicala al contrario”.

E anche queste, mi dispiace essere duro, sono parole molto superficiali. In questo periodo non ho letto critiche a Milano (e alla Lombardia) in quanto comunità di persone, di cittadini, ovvero alla società e all’economia milanese e lombarda: ma soprattutto critiche mirate a chi ne ha gestito il sistema sanitario.

E poi sono parole che denotano un altro tratto tipico della mentalità provinciale: invece di fare autocritica, invece di fare un po’ di ‘introspezione’ cosciente su di sé e sul proprio operato, si chiama in causa l’invidia degli altri, pur di esorcizzare i propri problemi. Per chi vede il mondo cosi, sono gli altri ad essere invidiosi (per questo criticano!), non sono loro stessi a non aver fatto abbastanza, non sono loro stessi ad aver fatto qualche sciocchezza, per usare un eufemismo.      

E infine, un altro passaggio di questa intervista mi lascia veramente perplesso. Vecchioni dice in sostanza: l’Italia non può fare a meno di Milano. Ancora le testuali parole: “L'arte, l'economia, il lavoro, il pensiero: quando si ferma il cuore, si ferma la circolazione. Ogni organo pensa di poter vivere da solo, ma non può. E quindi nessun paese, nessuna città, nessuna regione italiana può vivere, se muore Milano”

Questo è vero. Ma è anche altrettanto vero che Milano non può fare a meno dell’Italia. Perché basta un po’ di cognizione di causa per sapere che questo straordinario motore che è Milano si alimenta e gira grazie anche alle forze, alle energie, alle conoscenze, ovvero alle risorse creative, intellettuali, umane che affluiscono dal resto d’Italia. Si guardi le decine di studi e rapporti che si fanno periodicamente a riguardo.

E Milano, la città di relazioni come giustamente la chiama lei in un altro passaggio, è la piattaforma, il gateway attraverso cui si snodano le relazioni economiche non solo di Milano stessa, ma di tutta Italia con il resto del mondo. Con i grandi eventi fieristici come momenti apicali. E quindi vive necessariamente del “retroterra” costituito dall’intero paese, che serve, e a cui serve. La sua internazionalità si nutre delle risorse e delle relazioni che attinge da tutto il territorio nazionale, da Nord a Sud.

Ma di cosa stiamo parlando, Vecchioni?

Vede, da calabrese che vive da tanti anni tra Reggio e Milano, fiero di entrambe, penso che a Milano prevalgono atteggiamenti diversi da questo. Prevale una grande umiltà. Ho conosciuto negli anni tanti milanesi di grande apertura mentale e culturale, capaci di fare autocritica e di ripartire sempre, con tanto pragmatismo, senza covare frustrazioni di alcun genere. 

Caro Vecchioni, mi permetta di darle un consiglio: non tratti con tale sufficienza e superficialità il resto d’Italia, che certamente in questo dramma ha sofferto meno di Milano e di gran parte della Lombardia (e di qualche altra provincia del Nord Italia), ma che ha sofferto comunque tanto, si è prestato generosamente nei momenti più critici (pensi ai tanti medici e infermieri che dal Sud si sono spostati volontariamente al Nord), e che pagherà anch’esso il prezzo elevato di questa crisi epocale.

Non faccia queste considerazioni semplicistiche su superiorità o inferiorità, di una città, di un territorio su altri. E non faccia queste difese d’ufficio risibili sul presunto astio verso Milano e la Lombardia, un argomento, trito e ritrito, a dir poco stucchevole ormai. Sono un insulto alla sua intelligenza, alla sua sensibilità. E si ponga come milioni di suoi corregionali, e centinaia di migliaia di suoi concittadini, che pretendono di conoscere le ragioni di quel che è successo, che cercano verità, che vogliono avere consapevolezza, per potersi rimettere in moto meglio, e più forti di prima. Nell’interesse di Milano, della Lombardia e di tutta Italia.
*Università Bocconi e Università della Valle d’Aosta