COVID 19. Scuole aperte o chiuse? I dati Istat e il dramma della generazione Cvirus

COVID 19. Scuole aperte o chiuse? I dati Istat e il dramma della generazione Cvirus

aulaCv

Il 6 aprile del 2020, siamo in pieno look down, l’Istat diffonde un comunicato stampa in cui fa il punto su “Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi”. L’obiettivo di informare gli italiani su rischi e distorsioni della scuola a distanza non è esplicitamente dichiarato. Ma in realtà è di questo che si tratta.

Non è inutile riproporre quel documento mentre infuria la polemica sulla chiusura o meno delle scuole per contenere l’epidemia. Sia chiaro: la chiusura delle scuole è, sarebbe, una misura dolorosa che strappa e/o indebolisce i diritti delle nuove generazioni; ma sappiamo anche che potrebbe diventare misura necessaria per impedire il massacro di migliaia di persone.

C’è però una seconda considerazione da fare ma che continua a essere taciuta. La scuola a distanza, via internet, è fortemente disuguale e svantaggia i ceti economicamente più deboli.

Di curioso, in questo paese che dà sempre l’impressione di muoversi in modo disordinato e confuso nella lotta al Cvirus, c’è che quando si parla di provvedimenti che colpiscono attività economiche, si pone sempre il problema di come intervenire a sostegno di chi viene colpito. E’ questo, ovviamente, l’atteggiamento giusto, corretto, eticamente necessario. Il virus può colpire chiunque e ovunque. Non tollera zone franche o privilegi. Il suo contenimento e la sua sconfitta sono obiettivi universali, aiutano e proteggono tutti e tutti, senza eccezione alcuna, ne hanno assoluto bisogno.

Invece, quando si parla della possibile chiusura della scuola l’atteggiamento giusto, corretto ed eticamente necessario sparisce. Nessuno si preoccupa e/o avanza proposte per ridurre difficoltà, svantaggi e disuguaglianze tra gli studenti. Chi dovrebbe fare questa battaglia è probabilmente intimorito dal rischio che affrontare il problema potrebbe accelerare la separazione tra studenti e aule scolastiche. Ma è un errore che alla fine potrebbe drasticamente indebolire l’intervento a favore di una maggiore uguaglianza.

Bisogna prendere atto che la chiusura della scuola e il suo svolgimento attraverso internet (che non è mai auspicabile se non per gravi ragioni), senza interventi aggiuntivi, innescherebbe gravi distorsioni e colpirebbe le generazioni scolastiche del tempo del Cvirus. La scuola a distanza, ragiono partendo dalle condizioni del nostro paese, colpisce i ceti più deboli due volte: intanto, perché non tutti gli studenti hanno gli spazi e le condizioni familiari per seguirla correttamente; secondo, perché non tutti gli studenti hanno gli strumenti necessari e adeguati.

E qui i dati Istat diventano preziosi e indicano la strada da seguire per contenere -eliminarli interamente non sarà possibile - gli svantaggi che la separazione tra studenti e scuola innesca.

“Nel periodo 2018-2019, il 33,8% delle famiglie - avverte l’Istat - non ha computer o tablet in casa, la quota scende al 14,3% tra le famiglie con almeno un minore. Solo per il 22,2% delle famiglie ogni componente ha a disposizione un pc o tablet”, una realtà che non è cambiata nel 2020. Se poi dal generale passiamo ai particolari si scopre che “nel Mezzogiorno il 41,6% delle famiglie è senza computer in casa (rispetto a una media di circa il 30% nelle altre aree del Paese) e solo il 14,1% ha a disposizione almeno un computer per ciascun componente”.

Accanto a questa realtà va aggiunta l’esistenza di un “12,3% dei ragazzi tra 6 e 17 anni” che vivono in abitazioni dove non esiste né un computer né un tablet. Inutile aggiungere, ma siamo costretti a farlo, che questa quota s’impenna nel Sud dal 12,3 a circa il 20%, lasciando senza alcuna possibilità di collegamento 470 mila ragazzi. In Italia, poi solo 6,1% dei ragazzi in età scolastica “vive in famiglie dove è disponibile almeno un computer per ogni componente”.

L’Istat aggiunge che “nel 2019, tra gli adolescenti di 14-17 anni che hanno usato internet negli ultimi 3 mesi, due su 3 hanno competenze digitali basse o di base mentre meno di tre su 10 (pari a circa 700 mila ragazzi) si attestano su livelli alti.

E infine, butta lì l’Istat “oltre un quarto delle persone vive in condizioni di sovraffollamento abitativo, la quota sale al 41,9% tra i minori”.

Difficile fare scuola a distanza senza computer, magari in una casa dove non c’è lo spazio per sedersi a un tavolino che consenta la concentrazione necessaria.

Ecco, se oltre a bisticciare (la discussione in Italia col Cvirus s’è rarefatta) scuola a distanza o scuola in classe si mettesse a punto una strategia per garantire a tutti la scuola (eventuale) a distanza, si farebbe intanto un notevole passo in avanti.