INTERVENTI. La pandemia e l’alchimia del dolore

INTERVENTI. La pandemia e l’alchimia del dolore

ansia

Cosa resterà di questo periodo disgraziato come un treno che deraglia? Cosa ci porteremo dietro di questo esplosivo cocktail di paure, di ansie, di rabbia, di contrasti, con la consapevolezza di aver viaggiato su un binario sbagliato? Chi pagherà i danni per milioni di cervelli intaccati e di cuori feriti?

Un minuscolo esserino s’insinua tra le fessure di una società che sembrava corazzata, che si sentiva al sicuro, riparata da magie tecnologiche e da benessere mai provato prima, e la divora dall’interno con lo stesso effetto delle tarme.

Fenomeni collettivi e fenomeni individuali diventano un tutt’uno, la psicostoriografia è ormai scienza, l’esserino con forma solida di natura Platonica scoperchia la bara, fa saltare il tappo della bottiglia dall’etichetta risplendente dentro cui ci crogiolavamo in una sbornia perenne.

La società da liquida diventa gassosa. Evaporiamo nelle paure, la morte rende vivi, ci guardiamo digrignando i denti come gli umani all’alba della civiltà di fronte ad un pasto conteso. In palio la sopravvivenza, e la salute mentale.

Ci stiamo perdendo la vita, che ha durata limitata e data di scadenza certa. Pensiamo ai bambini e alla loro infanzia senza serenità. Alle famiglie chiuse in casa come i primitivi nelle loro caverne, la televisione al posto del bivacco, mentre fuori il mostruoso essere conosciuto come Sars-Cov-2, invisibile e predatorio, resta in attesa sospeso nell’atmosfera degradata da cento anni di progresso.

Pensiamo ai ragazzi e a quelli che dovrebbero essere i migliori anni della loro vita, privati della gioventù, senza belle giornate con gli amici, con gli amori coltivati a distanza sugli schermi di un cellulare, distanziati da nonni e zii e anziani dall’invisibile terrore.

Pensiamo a genitori e pensiamo ai figli, al sistema intero delle relazioni umane, pensiamo ai danni profondi su chi ha costruito un’intera esistenza sugli altri. Ripensiamo alla centralità dell’essere umano rispetto ai macrosistemi economici, usciamo dall’incubo, dalla società artefatta, dal progresso fasullo e discriminatorio, riprendiamoci il gusto del sentimento, della passione, anche politica, torniamo a immaginare realtà alternative. Ricostruiamo le utopie benigne. Torniamo alla filosofia. Torniamo alla poesia. Torniamo alla discussione. Torniamo al dubbio. La storia è morta, viva la storia, che non muore mai. Partiamo da ciò che sappiamo realmente, ed è ciò che la stragrande maggioranza del genere umano sta provando sulla pelle in questi giorni bui: il dolore.

Dolore per chi soffre, dolore per le vite scombinate, dolore per la povertà o per lo spettro della povertà. Il nostro è un percorso alchemico, per essere simbolisti. E se il dolore è un metallo vile, cosa si può fare per trasformarlo in oro? Dopo la Seconda guerra mondiale qualcosa di simile è avvenuto, anche per la presenza di forze contrapposte e di maturazione dell’istinto di sopravvivenza. Ma cosa accadrà dopo questa terribile esperienza? Cosa maturerà dall’albero millenario del genere umano?

Possiamo soltanto sperare. Il colpo ricevuto ci ha tramortito, ma lo ha fatto in modo sufficiente per invertire l’attuale rotta di perdizione? O forse, come in alcuni commenti deliranti, c’è bisogno di giungere a migliaia e migliaia di vittime al giorno per affermare che così non va?

Non ho risposte, ho soltanto domande, e dubbi. Se qualcosa di buono questo dannato organismo sta producendo, è questo: le persone, le comunità, i popoli, stanno ricominciando a porsi dei dubbi: il primo effetto di un processo alchemico. Lasciamo perdere gli sbalestrati, i narcisisti patologici, i detentori di verità, lasciamoli perdere perché sono più malati dei malati veri.

Pensiamo alla maggioranza silenziosa, quella composta da miliardi di uomini che portano la croce giorno dopo giorno, e che adesso ne portano due, spezzati dalla fatica dell’esistenza e dal profondo dramma dall’ingiustizia sociale, il corridoio attraverso il quale il microbo dannato ha invaso il mondo, producendo terribili dolori, e spogliando ancora una volta il Re.

L’alchimia del dolore cosa porterà: si aggiungeranno catastrofi e disperazione, o forse sarà l’occasione per riscrivere la storia?

Ai posteri l’ardua sentenza.

Antonio Calabrò