Il giovane Alvaro riletto da Vito Teti

Il giovane Alvaro riletto da Vito Teti

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di VITO TETI* -

Corrado Alvaro è uno degli scrittori che più amo e che, forse, meglio conosco. Sono convinto che sia stato uno dei più grandi e prolifici intellettuali della prima metà del Novecento europeo, autore di poesie, saggi, note di viaggio, articoli, romanzi, racconti, memorie, ma anche animatore della vita culturale e intellettuale italiana tra le due guerre. Credo sia stato unico nella sua capacità di restare fedele e ancorato a un luogo e insieme nella facilità di aprirsi al mondo, alla cultura esterna, di sprovincializzare sia le culture regionali che quella nazionale, che egli non vede separate. La sua opera di saggista, giornalista, scrittore, memorialista, autore di teatro, raffinato traduttore, viaggiatore curioso, responsabile di pagine culturali e con importanti impegni nel mondo editoriale, nel cinema, nella radio, spazia, nell’arco di un trentacinquennio, dalla critica cinematografica a quella letteraria, dagli articoli di scienza a quelli di costume, dal commento alla vita politica e sociale all’interesse per le grandi questioni che il mondo separato in blocchi stava affrontando. Un motivo ricorrente della riflessione e della narrazione di Alvaro è il passaggio dalla tradizione alla modernità, dalla civiltà agro-pastorale alla civiltà delle macchine.

Certamente è lo scrittore che ha colto, narrato e interpretato l’antropologia profonda della Calabria, segnalandone contrasti, bellezze, miti, tortuosità, asprezze. Ogni definizione della poetica e dello stile di Alvaro rischia di apparire riduttiva. Il suo realismo, il suo riferimento al mito, il dialogo con i classici, l’apertura alla letteratura europea fanno di lui un autore unico. La sua vocazione è quella di indagare la cultura regionale quando incontra la grande tradizione italiana ed europea.

Mi confesso: l’ombra di Alvaro mi accompagna da sempre, a volte mi ossessiona e mi sovrasta, benevola. Qualcuno potrà immaginare l’emozione e lo stupore, la commozione e la sorpresa che mi hanno assalito quando mi sono trovato davanti a questi manoscritti, vergati con la sua grafia inconfondibile, a volte leggibile, altre volte veloce, con le sue correzioni e i suoi interventi sui testi. Quando ho incominciato a leggere queste carte di cui nulla si sapeva, mi è stato difficile non pensare a una sorta di sorpresa, di dono, a un qualche segreto che mi veniva affidato, per via misteriosa, dallo «scrittore dei segreti». Mi sono subito adoperato, assieme a Gilberto Floriani e al Dipartimento di Filologia della Facoltà di Lettere (che adesso è diventato una sezione del nuovo Dipartimento di Studi Umanistici) per salvare e custodire, proteggere le carte di quello che è ormai il Fondo Domenico Lico, attualmente conservato presso l’Università della Calabria, e di cui è proprietario il Sistema Bibliotecario, insieme con gli eredi di Lico.

(…) leggendo le perplessità e le obiezioni che Alvaro faceva a Lico, ho avuto la tentazione, almeno, di temporeggiare in una eventuale pubblicazione di queste carte. Qualcuno, prima o poi, le avrebbe pubblicate, ma perché dovevo farlo io? Perché, in un certo modo, contravvenire a un desiderio di Alvaro e invece dare voce a quella che era stata la fatica di Lico? Leggendo e rileggendo lettere e carte, conversazioni e materiali, in realtà mi sono accorto che molte delle preoccupazioni che Alvaro aveva manifestato a Lico erano venute meno, e che senza eccessiva enfasi e sopravvalutazione per l’inedito, oggi di moda, le carte giovanili alvariane hanno un loro valore letterario e di testimonianza di un clima culturale e della difficile arte di diventare scrittore.

È passato tanto tempo, Alvaro ha realizzato opere intramontabili, è assurto ormai alla fama di grandissimo scrittore del Novecento italiano.

Non c’è pericolo che queste composizioni giovanili lo danneggino. Anzi. Se mai aiutano a conoscere meglio il cammino di uno scrittore, le sue prime prove, le sue aperture, le prime delusioni e i primi successi. E aiutano anche a ricostruire il contesto culturale della Catanzaro di primo Novecento, a conoscere – attraverso una testimonianza di primissima mano – la vita di una città di provincia nel nostro Mezzogiorno, in una fase cruciale della nostra storia nazionale, quale quella degli anni della Grande guerra.

 

*dall'introduzione di Vito Teti al volume "Un Paese e altri scritti" di Corrado Alvaro, Donzelli editore