L’INTERVENTO. San Ferdinando, la mestizia dello sgombero e le responsabilità della Calabria

L’INTERVENTO. San Ferdinando, la mestizia dello sgombero e le responsabilità della Calabria

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Mestizia è parola che mi sovviene al pensiero dello “sgombero” di queste ore a San Ferdinando. Mestizia come rappresentazione di un momento triste vissuto con dignità, senza rassegnazione e senza rabbia, con occhi lucidi sulla realtà dei fatti. E mestizia ho intravisto nei gesti composti del Sindaco di San Ferdinando Andrea Tripodi che davanti alle telecamere constatava, come fa oramai da tempo, il fallimento di ogni esperimento sociale mirato a restituire umanità ai migranti.

In tutte le occasioni pubbliche e indipendentemente dall’essere espressione di una certa area politica, il Sindaco ha costantemente espresso la propria idea sul fenomeno affermando che le nostre radici culturali sono quelle dell’accoglienza e non dei muri così osannati da Trump.

Nessuno riteneva accettabile la baraccopoli, nessuno di noi riteneva che si potesse sopravvivere dignitosamente avendo una lamiera malferma come tetto, e un secchio d’acqua per lavarsi. Nessuno di noi ha ritenuto plausibili ben tre morti all’interno della baraccopoli in diretta conseguenza della pericolosità e della miseria del luogo.

E tuttavia l’attuale repulisti operato con l’ausilio di novecento uomini e con il divieto assoluto ai giornalisti mi sembra veramente eccessivo e frutto di scelte dal chiaro sapore autoritario sulle quali, certamente si adombra il fine, perseguito dall’attuale ministro dell’interno con pervicace determinazione, di ottenere consensi ad ogni costo.

Al Sud, l’argomento che fa lievitare il consenso è la “questione immigrazione” al Nord è l’agognata autonomia, col fine, per nulla oscuro ed anzi sottolineato dal governatore della regione Lombardia Attilio Fontana, nella recente intervista a Lucia Annunziata, - di saper fare meglio dello Stato-.  

Ripensando allo sgombero, forse la mestizia deriva da questo: dal non esser riusciti a trovare, noi stessi, all’interno della regione, soluzioni alternative valide. Il progetto del riutilizzo delle case disabitate, è partito in ritardo rispetto all’apparato ministeriale che invece, dopo l’ultimo morto, ha marciato, con passo spedito, verso la pulizia e il nitore, volutamente evitando di considerare che i tanti uomini accampati a San Ferdinando sono sfuggiti a persecuzioni e violenze: hanno pagato “il viaggio” con immani sacrifici e hanno rischiato grosso durante la traversata in mare.

Forse, dico forse, proprio per essere stati dei sopravvissuti già al momento dell’arrivo in Italia, avrebbero meritato attenzione ed ascolto. Invece, di soluzioni propositive dal basso, neppure l’ombra, nessun diritto di replica ai migranti, neppure quello dettato dal buonsenso e dal doveroso rispetto del diritto naturale dell’ultima parola prima di sparire.