Cronaca giorno 3. Da piazze piene per salvare l’Italia, a strade vuote contro la catastrofe

Cronaca giorno 3. Da piazze piene per salvare l’Italia, a strade vuote contro la catastrofe

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Cronache del terzo giorno. Giuseppe Conte il 9 marzo ha detto agli italiani che solo con #iorestoacasa# possiamo combattere il Covid19.

È un paradosso: le battaglie politiche, le lotte sindacali, le guerre, vedono la partecipazione forte e compatta come il modo cruciale per vincere. La presenza fisica è la cifra che distingue la grande partecipazione popolare. I presenti a Piazza San Giovanni decretano se una manifestazione è riuscita.

Adesso in questo ribaltamento che stiamo vivendo, è importante non esserci. Azzerare gli spostamenti, non contribuire in nulla alla potenziale diffusione.

È un momento difficile per il nostro Paese. Dobbiamo risalire a Caporetto in quel tragico autunno del 1917 per trovare un momento in cui il Paese sembrava finito. O anche al settembre 1943, il famoso 8 settembre.

Eppure in entrambi i momenti, forse i più difficili del XX secolo, il Paese ha dimostrato una capacità inimmaginabile, una forza interiore collettiva che nessuno gli attribuisce: spesso nemmeno gli stessi italiani.

Eppure dopo Caporetto l’esercito italiano seppe trovare le nuove capacità, le nuove risorse per rinnovarsi. E fu un rinnovamento formidabile. Al di là delle singole responsabilità del comando durante Caporetto, quello che accadde subito dopo è stato il profondo rinnovamento. Il passaggio da Cadorna a Diaz non fu solo un passaggio di nomi, fu un cambiamento epocale.

Così come dopo l’8 Settembre fu il Paese a ritrovarsi, ma la Resistenza con le Brigate Partigiane diedero la svolta di rinnovamento. Rinnovamento che fu politico, militare, etico, che permise la nascita della Costituzione repubblicana democratica.

 E se dopo Caporetto ci fu Vittorio Veneto, che la di là di tutti i giudizi rappresentò un grande momento per l’Italia. Dopo l’8 settembre ci fu il 25 Aprile, con un Paese nuovo che ridisegnò il suo futuro passando dall’italietta provinciale autarchica, al grande Paese che oggi siamo: tra i 7 Paesi più importanti al mondo, che generano più del 60% della ricchezza mondiale.

Non lo so se questo momento è paragonabile a quelli. Sarà la storia a dirlo, ma certamente stiamo vivendo un passaggio molto difficile. Le prossime ore saranno decisive non solo per questa battaglia, ma per imparare a combattere queste battaglie.

Tanti temi, sopiti in questi anni di frastuoni mediatici, ci si presentano in modo nuovo. Da come riusciremo a dare nuove risposte dipende il futuro del nostro Paese.

Adesso non c’è da capire come fare ad applicare il decreto del presidente del consiglio o i decreti successivi o come inventarsi motivi per aggirarli, c’è da fare – da parte di ognuno di noi- lo sforzo di capire come essere più attenti ancora, più controllati, più esigenti, più radicali, e anche più innovativi, più reattivi. È la prima grande sfida del XXI secolo.

*unimediterranea