cVIRUS. Serve eroismo e generosità, cioè lavarsi le mani e tapparsi in casa

cVIRUS. Serve eroismo e generosità, cioè lavarsi le mani e tapparsi in casa

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Quante volte ce lo stiamo sentendo ripetere in questi giorni? E’ un problema collettivo, lo dobbiamo affrontare noi, dipende da noi tutti etc etc

  Tutto vero, per carità, ma i giorni della retorica, della cattiva retorica dovrebbero anche dirci che noi italiani una collettività forse non lo siamo mai stati e la storiella sugli italiani indisciplinati che però danno il meglio di sé nelle emergenze non è quello che serve adesso. Non è il momento delle simpatiche canaglie, degli adorabili sbruffoni, dei Gassman, Tognazzi, Sordi e peggiore è la retorica della grande tragedia collettiva che ‘’servirà a temprare finalmente il nostro carattere nazionale, a trasformare i casinisti di cui sopra in eroi senza macchia e senza paura…etc ‘’.

  Lo storico Cundari ha, ad esempio, ricordato come anche alla vigilia della Prima guerra mondiale fior di intellettuali si invaghirono dell'idea che il conflitto sarebbe stato un grande lavacro purificatore da cui il popolo sarebbe uscito mondato dalle sue tare storiche, finalmente unito, civilizzato e fatto nazione. ‘’Ne siamo usciti – ha argutamente ricordato - con vent'anni di dittatura, fine delle libertà civili, analfabetismo diffuso, leggi razziali e una nuova guerra mondiale. Non abbiamo bisogno di un grande lavacro purificatore, ma di imparare a lavarci le mani regolarmente, e a fare regolarmente un sacco di altre piccole cose, tutti i giorni’’.

   Abbiamo in realtà bisogno di più persone che facciano semplicemente il proprio dovere, invece di lavarsi la coscienza chiamando eroi quei pochi che già lo fanno, come medici e infermieri oggi schiacciati da carichi di lavoro massacranti, in condizioni limite.

  Il problema principale di questo coronavirus visto alle nostre latitudini è proprio questo: che per sua natura non è un nemico che possa essere sconfitto da un pugno di eroi, ma solo da un esercito di persone scrupolose. Non c’è singolo colpo di spada, di genio o di fortuna che possa batterlo, non ci sono scorciatoie. Non c’è «mossa del cavallo» che permetta di «saltare» il duro, pesante, noioso schieramento delle mille piccole e grandi cose da rispettare, dei tanti vincoli di cui tenere conto, di tutto quel complicatissimo intreccio di norme scritte e non scritte che ci impedisce di fare solo ed esclusivamente quel che ci pare.

È questo il vero problema che noi italiani abbiamo con il coronavirus. È questa la vera minaccia al nostro stile di vita. Il motivo per cui non ci raccapezziamo con l’epidemia è che è un problema collettivo, e noi non siamo una collettività.

Tutti gli atti di eroismo, generosità e solidarietà di cui siamo capaci sono naturalmente preziosi, ed è giustissimo esserne fieri. Ma dobbiamo sapere che per uscire da questa tragedia – che è fatta di una crisi sanitaria immediata e di una crisi economica e sociale imminente – non basteranno il grande cuore e i milioni di volontari e tutti gli angeli di questo o di quello pronti a sacrificarsi fino allo stremo.

  ‘’Servirà – dice ancora il prof. Cundari - la pazienza e la disponibilità, da parte di tutti, a sacrificare qualcosa delle proprie personali esigenze e preferenze, in nome del bene di tutti. Servirà che un numero un po’ più alto di questi nostri concittadini dal grande cuore, oltre a donare meritoriamente tanti soldi per gli ospedali nel momento dell’emergenza, si ricordi pure nel resto dell’anno di chiedere o emettere regolare fattura, scontrino, ricevuta, insomma di pagare le tasse con cui l’intero sistema sanitario è finanziato, e non pretenda domani di essere rimborsato dallo stato per perdite superiori a quello che aveva dichiarato di guadagnare nell’intero anno precedente’’.