IL CORSIVO. Cvirus, la Calabria è a minor rischio? A proposito di un luogo comune

IL CORSIVO. Cvirus, la Calabria è a minor rischio? A proposito di un luogo comune

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L’indice di mortalità per coronavirus in Calabria è tra i più bassi o il più basso del paese. Da qui l’argomento avanzato da molti osservatori che in Calabria la ripartenza può essere immediata e comunque di qualità diversa rispetto a quella di altre zone del paese. Ha scritto una parlamentare sostenitrice di questa tesi: “Non si può usare la stessa medicina per mali diversi”. Questo argomento, diciamo così, furoreggia e viene tirato fuori cAnche la Governatrice della Calabria, Jole Santelli che pure ancora poche ore fa teorizzava (e pare continui a sostenerlo) che bisognava bloccare il ritorno dei calabresi, soprattutto studenti fuori sede, nelle proprie abitazioni, si è in modo fulmineo e improvviso (perfino un giornale molto rispettoso delle forme istituzionali come Il Giornale di Calabria ha raccontato “la metamorfosi di Jole Santelli”) convinta della necessità di un liberi tutti firmando un’ordinanza in cui anticipa e radicalizza la strategia molto più cauta del Governo Conte (che due giorni fa la Santelli ha indicato come responsabile morale di una possibile stage provocata dal ritorno dei nostri ragazzi).  

Di straordinario in questo accavallarsi di confusioni c’è l’accettazione passiva della teoria che i rischi in Calabria sono molto minori rispetto ad altre parti del paese. Fermo restando che la nostra speranza è che il Cvirus smetta di massacrare a Nord a Sud e in qualsiasi altro punto del mondo (abbiamo difficoltà a distinguere la morte degli esseri umani infettati dall’indirizzo di casa), e fermo restando che la minore aggressività quantitativa, cioè diffusione, del Cvirus a Sud è un evidente dato di fatto, c’è da chiedersi se la teoria del rischio minore per la Calabria e/o il Mezzogiorno è fondata oppure no.

La tesi è decisamene azzardata. Talvolta per ignoranza, cioè perché s’ignora la dinamica dello scontro con la malattia. Altre volte per furbizia. Il rischio non dipende solo dalla diffusione  della malattia ma comprende anche la capacità di risposta alla sua aggressione. Diffusione e capacità di affrontare e vincere la malattia s’intrecciano ed è dalla loro dinamica che va misurato il rischio reale. Teoria del minor rischio sarebbe fondata solo se il sistema sanitario della Calabria avesse la stessa potenza di fuoco di quello del Centro Nord, che pure è entrato in fibrillazione e al limite del cedimento come dimostra il pagamento di un prezzo altissimo non solo per i cittadini ma anche per medici e infermieri che sarebbero dovuti restare estranei alla strage.

Non è così, in Calabria (e nel Sud) non c’è un rischio minore. Per ora c’è stato soltanto un colpo di fortuna. Speriamo duri, ma potrebbe non durare. Lo sanno tutti e lo sa anche la Santelli che proprio su questo punto è intervenuta in passato usando l’argomento delle nostre strutture sanitarie come argomento decisivo per bloccare i fuori corso nel timore di una duiffusione che la Calbria non sarebbe stata in grado di fronteggiare. Le migliori strutture sanitarie dei calabresi sono a Roma (Gemelli) a Bologna, Milano (Istituto nazionale tumori e altre eccellenze). Nella sola Lombardia la Calabria ammalata “porta” 70 milioni l’anno. Si capirebbe tutto se vi fosse l’elenco dei benestanti, degli imprenditori, dei professionisti e della politica che, per emergenze sanitarie vere, avendone il tempo, ha scelto strutture sanitarie lontane dalla Calabria.

Se in Calabria avessimo avuto la stessa aggressione Cvirus subita dalla Lombardia non avremmo paragonato i morti, come purtroppo a Milano, con quelli della Seconda guerra mondiale, ma avremmo dovuto utilizzare come riferimento quelli del terremoto del 1908.