
Umbertina di Helen Barolini, edito da Avagliano nel 2001, con una bella introduzione di Laura Lilli, è una saga al femminile che parte da un paese della Sila e lì idealmente si conclude quando una pronipote di Umbertina, che aveva ammirato la bisnonna di cui portava il nome ma con la quale mai aveva davvero parlato (la prima Umbertina non aveva mai appreso l’inglese), torna brevemente a Castagna: «Aveva cercato di comprare Castagna – le sue cartoline e souvenir, di mettersi in pace la coscienza con la promessa fatta al prete di spedire qualcosa. Ma con tutto ciò non aveva trovato Umbertina. (…) Castagna era stata una noce dura da rompere, e la colpa non era stata del luogo ma di lei, la cercatrice. (…) Perché la rivelazione che cercava non era nelle montagne della Calabria, ma nella propria mente.»
A far da ponte alle vicende delle due Umbertine, l’inquieta Marguerite, interessata alle arti e alla fotografia, madre della seconda Umbertina, moglie di uno scrittore italiano e amante di un altro, candidato allo Strega (particolarmente riuscita la ricostruzione d’una serata conclusiva del Premio, agli inizi degli anni Settanta dello scorso secolo).
Helen Barolini, italo-americana e moglie di uno scrittore italiano a lungo corrispondente de La Stampa dagli Stati Uniti, racconta l’epica quotidiana delle donne calabresi emigrate in America tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento in una saga che dà ampio spazio al difficile, non lineare processo di affermazione di un’autonomia femminile e alla contraddittoria identità di chi ha due patrie. Con toni che nella seconda e terza parte del libro si avvicinano al feuilleton, la Barolini ricostruisce non solo la fase iniziale dell’emigrazione e del primo inserimento nella nuova società ma anche la vita delle successive generazioni.
Umbertina, priva di qualsiasi romanticismo e ricca di un forte senso pratico, è il vero uomo della famiglia. Sue sono le decisioni fondamentali, sue le scelte con cui trasforma un possibile destino di precarietà nei ghetti di New York nel florido benessere di solida borghesia per figli e nipoti. Una matriarca attenta al cibo nutriente e alle lenzuola pulite, che solo alla fine della sua vita «pensava a quanto era strano che sebbene (…) tutte le decisioni e i progetti fossero stati a suo carico, ugualmente era il nome di Serafino che trionfava. (…) Dicevano che il mondo era dei maschi e, finché comandava ed esercitava attivamente il potere, la cosa non l’aveva mai infastidita; ma ora che era messa da parte come una vedova, accantonata perché mancava la figura del marito, questo era difficile da sopportare. Ora vedeva che nel mondo c’erano molte cose sbagliate.»
Helen Barolini, Umbertina, Avagliano editore, pp.512, euro19