Colpire le “Sirene dello Stretto” per sfregiarle non è solo un atto delittuoso, dettato da ignoranza e vigliaccheria, che deturpa una materia inanimata; è sopratutto un atto di violenza verso una comunità di persone che amano l’arte e, in particolare, verso l’artista che a quella materia ha donato un’anima.Se per tanti anni le “Sirene dello Stretto”, dalle aiuole del Lungomare, hanno potuto ammaliare i reggini e i turisti, lo si deve infatti all’amore per la città ed alla raffinata sensibilità di Ermonde Leone, artista di origini avellinesi, formatosi culturalmente dapprima nella bottega paterna di Pratola Serra, e successivamente plasmato in ambiente culturale napoletano, dove ha potuto abbeverarsi alla fonte dello scultore calabrese Alessandro Monteleone, direttore dell’Accademia delle Belle Arti di quella città.
I tanti anni trascorsi a Reggio, nei laboratori dell’Istituto Statale d’Arte, da impareggiabile docente, e negli anni successivi al pensionamento, lo hanno fatto diventare reggino d’adozione innamorato della città e delle sue bellezze; città a cui ha donato, oltre alla maestria di docente, numerose opere artistiche di grande pregio.
“Le Sirene dello Stretto” sembrano essere nate da una favola, osservava Giuseppe Pani quando l’opera fu inaugurata nell’anno 2006, e invece sono atto di geniale intuizione artistica ispirata dalla mitologia omerica e dal dipinto “Les Demoiselles D’Avignon” di Picasso.
Lo ha rivelato lo stesso maestro, di cui sono antico e onorato amico e ammiratore, solo qualche mese fa, allorquando insieme al Prof. Franco Prampolini ed alcuni suoi allievi della Facoltà di Archiettura che svolgevano una tesi di laurea sull’artista, lo incontrammo, intento a curare amorevolmente e senza compenso la sua opera, la cui materia viva e fragile, esposta all’aperto, necessita di periodiche manutenzioni.
Il tema dell’opera è, da un lato, quello delle sette sirene figlie, secondo il mito, del fiume Acheleo, celebri per il loro canto ammaliatore, e, dall’altro, quello di Polifemo figlio di Poseidone.
Sembra ora di sentire il canto disperato, non più ammaliatore, delle sirene nel momento in cui la mano del vigliacco deturpatore vibra il colpo che ferisce gravemente la materia amorevolmente plasmata dal Maestro a cui la città non potrà mai chiedere abbastanza scuse per aver generato gli autori di tanta codarda stupidità.
*Ingegnere
Sembra ora di sentire il canto disperato, non più ammaliatore, delle sirene nel momento in cui la mano del vigliacco deturpatore vibra il colpo che ferisce gravemente la materia amorevolmente plasmata dal Maestro a cui la città non potrà mai chiedere abbastanza scuse per aver generato gli autori di tanta codarda stupidità.
*Ingegnere