
Il terzo più chiaramente legato ad uno specifico ambiente, i primi due, di fatto, sarebbero potuti accadere in qualunque periferia, ma tutti leggibili attraverso lo schermo della sottocultura ‘ndranghetista.
All’urgenza di una «sfida educativa alla pedagogia mafiosa», è dedicato Cattivi maestri di Giacomo Panizza (prete bresciano che vive da oltre trenta anni in Calabria, dove ha fondato la comunità Progetto Sud), pubblicato da Edizioni Dehoniane: il cui titolo va inteso «a rovescio, ironicamente opposto a come l’intendono coloro che sono interessati più alla conservazione di uno status quo ingiusto e vantaggioso per alcuni, piuttosto che alla ricerca di strade di giustizia valide per tutti.»
«I nostri “cattivi maestri” non si appassionano prioritariamente alle cose ma alle persone – in particolare a quelle innocenti, bisognose di crescere e di emanciparsi –, con le quali si relazionano educandole, sperando che dall’interno di ciascuna sboccino pensieri propri, voglia di libertà, individualità, emozioni, dignità, fiducia e compassione. Non abboccano a falsi irenismi ma stimolano il risveglio delle coscienze, non si accodano a chi comanda ma accendono fuochi che scombussolano e inverano pensieri e legami abitudinari e scialbi.»
«Laddove una diffusa mafiosità fa il paio con i moralismi di basso profilo, servono maestri che vadano controcorrente per rafforzare l’educazione alla giustizia e alla legalità. Chi educa è chiamato a praticare la giustizia e non i legalismi, con spalle large allenate a sostenere di venire messi all’indice dai mafiosi e dai loro complici in affari che lo catalogheranno come “infame”, e a esporsi allo scherno di coloro che si auto-assolvono dalle proprie paure e vigliaccherie adducendo che chiunque pensa di riuscire a educare alla legalità non è altro che un illuso. Costoro, al modo dei mafiosi, stimano un sempliciotto chiunque si metta in testa di potersi occupare validamente della crescita dignitosa dell’infanzia e dell’adolescenza, delle famiglie e della società, della democrazia e del bene comune.»
Primo passo essenziale per ben educare è conoscere nel profondo «l’educazione totale, dura, mortale» che la mafia impartisce ai suoi figli, «una pedagogia coniata, sperimentata e trasmessa da loro, è un sapere che tramandano di generazione in generazione.»: «È un’educazione performante, al punto che essi intendono come “bene” ciò che dagli altri è inteso come “male”. Siamo di fronte a un’educazione totale poiché totale è il controllo operato da parte di chi educa e totalizzanti sono i metodi e i significati che trasmette a chi viene educato. Lo si deduce da come le diverse mafie – non solo La ‘ndrangheta – padroneggiano e manipolano i sentimenti e i valori della famiglia, da come usano e stravolgono i simboli e i significati religiosi, da come ritualizzano, premiano e castigano. .»
Il passo successivo è sapere che «“apprendere e insegnare” (…) sono due verbi all’infinito presente, mai racchiudibili in un tempo o in un luogo perché non sono automaticamente riproponibili dappertutto e per tutte le stagioni.» e che, chi insegna, deve essere disponibile a imparare da chi apprende.
L’obiettivo è cercare sempre rinnovate modalità educative e rieducative, che diano orizzonti nuovi sia a insegna che a chi impara: «Mi piace un mondo capire le cose da solo, come anche impararle dagli altri e insieme agli altri. Ho potuto così condurre azioni sociali e imbastire percorsi educativi anche con giovani che non credevano di poter imparare, cambiare e crescere. Insieme agli altri ho collaudato espedienti buoni per tenersi alla larga da pensieri di rassegnazione, ho re-immaginato scelte liberanti e messo in atto strategie per non farsi imbrigliare in rapporti clientelari e mafiosi. Per questo, a chi incontro sprovvisto di un alfabeto minimo, necessario per comprendere se stesso e la società, mi viene naturale proporgli di riflettere, leggere e dialogare, mentre con chi ha ruoli educativi capisco al volo quando si tratta di accompagnare i “piccoli” a crescere nella corresponsabilità dei diritti e dei doveri di cittadinanza, e tener duro quando si viene rimproverati di essere “cattivi maestri”.»
Giacomo Panizza, Cattivi maestri, Edizioni Dehoniane Bologna, euro 15