REGGIO. La saga dei Matacena e della Caronte, dai mitici anni Sessanta agli arresti - di ALDO VARANO

REGGIO. La saga dei Matacena e della Caronte, dai mitici anni Sessanta agli arresti - di ALDO VARANO

miss Italia       di ALDO VARANO - I Matacena, la famiglia di Amedeo junior, ex deputato di Forza Italia, condannato definitivamente per concorso esterno in associazione mafiosa che ha fatto finire in carcere la madre Raffaella (la moglie è ricercata), oltre all'ex ministro Scajola, hanno attraversato la storia della città di Reggio come una meteora lunga mezzo secolo.

A ridosso degli anni Sessanta, Amedeo Matacena Senior, il padre dell’ex parlamentare berlusconiano, sbarcò la prima volta a Reggio. Cavalcava una gigantesca spider americana biancolatte con le ali azzurre e il motore ruggente. Diventò subito un personaggio visibile e importante. Originale, simpatico e trasgressivo (alle spalle la diceria scandalosa di un matrimonio scassato). Da dove arrivasse non si capì mai. Per alcuni, direttamente da Napoli, città della sua famiglia già miliardaria; per altri da Taormina dove si diceva avesse tentato di far fruttare la laurea (vera) in medicina.

Tante voci. Di sicuro c’era la sua spider, i suoi pantaloni che non coprivano i calzini (come gli americani nei film) e il cappello enorme. Le diverse scuole di pensiero si sarebbero poi divise. Per alcuni, il primo affare di Matacena a Reggio fu la Caronte, la società delle vecchie navi dello sbarco americano che approdavano da entrambi i lati risparmiando tempo prezioso, che avrebbero cominciato ad andare su e giù per lo Stretto stipate di auto e camion. Per altri “Il dottore” cominciò col “Parco Fiamma”, una decina di grandi palazzi e oltre un centinaio di appartamenti in uno spazio esclusivo non lontano dal centro di Reggio, con un ingresso a Nord e uno a Sud.

Tantissimi anni dopo Matacena mi raccontò che l’idea della Caronte, mezzi veloci e continui per collegare Calabria e Sicilia, la ebbe una sera in cui non riuscì a traghettare per Messina per pochi minuti e fu costretto a un'attesa tanto lunga da fargli perdere un appuntamento importante (lui, che si piccava di essere un gentiluomo di vecchio stampo, non fece il nome della signora messinese che si sarebbe infuriata fino a piantarlo). Ma l’affaire Caronte, miti a parte, pare abbia avuto un’altra origine: la figlia del primo matrimonio, Fiamma (come il parco), molto legata al ministro socialdemocratico dei trasporti Luigi Preti, era nel suo staff e da lì avrebbe pilotato la rottura del monopolio pubblico dell’attraversamento dello Stretto. In ogni caso, “il dottore” si trovò bene. A Reggio mise radici e non se andò più. Per prima cosa si presa la ragazza più bella della città, Raffaella - più che bella bellissima, e ancor di più intelligente e da poco miss Italia -. Favola commovente se si tiene conto che Raffaella era tanto bella quanto povera. Per la nuova avventura familiare “il dottore” si tenne un mega attico al Parco Fiamma con vista mozzafiato sullo Stretto falcato dalle navi Caronte e da dove si scorgeva al porto il veliero del “dottore” sempre pronto a salpare.

La politica, con le belle donne e i soldi, fu sempre la passione di Matacena. Era un napoletano colto, aperto, tollerante. Ma dire che capisse anche le cose della politica significherebbe fargli torto. Suo figlio Amedeo J, almeno in politica, non gli fu da meno (fino a procurarsi la condanna che dovrà scontare). Fatto è che la politica fu l’assillo di famiglia. Amedeo Senior iniziò, manco a dirlo, coi socialdemocratici. Gli andò buca. Passò ai repubblicani di La Malfa senza successo. Nel 1970 candidato alla Regione fu trombato. Contro il Consiglio Regionale si aggrumarono subito venti di tempesta. Su Reggio o Catanzaro capoluogo esplosero rabbia e passioni, squilibri e antiche paure e violente contrapposizioni.

Anche Matacena cominciò a parlare dei destini storici sacri e inalienabili di Reggio Capoluogo. Con parlata strettamente napoletana. Teorizzò la nascita di una nuova regione: un pezzo di Calabria e un po’ di Sicilia, i due pezzi di terra collegati dalle sue navi. Si tuffò nei Moti e finì in galera per motivi che i Reggini giudicarono da medaglia al merito. Convinto che il vento fosse cambiato ripuntò alla politica. Coi liberali non andò lontano. Una sua lista civica non raggiunse il quorum per il Consiglio comunale. Infine diventò vice sindaco ma si annoiò presto e piantò tutto. In seguito si sarebbe consolato lavorando in un film con Ugo Tognazzi, fece la parte di un gay ricchissimo e dagli affari un po’ equivoci.

La passione politica (ma anche per le donne belle) la passò al primo dei due figli del secondo matrimonio: Amedeo Junior. La strada per il giovane Matacena fu un discesa: carriera sfolgorante con tutti i traguardi che suo padre non era mai riuscito a centrare. Inizialmente liberale diventò subito berlusconiano-doc. Fu eletto in Consiglio comunale. Poi in quello regionale. Alla fine, e per due volte, in Parlamento. Secondo l’accusa, grazie ai voti della ‘ndrangheta della “famiglia” Rosmini che fanno cinque anni e quattro mesi da scontare non tra i paradisi dorati di Dubai, ma in carcere.

N.B. Questo articolo, con leggere modifiche, è già stato pubblicato su zoomsud nel 2013 e viene qui riproposto.