di MARIA FRANCO -
Non sono stata in piazza, domenica,a leggere silenziosamente con le Sentinelle in piedi. Ma ho letto quasi tutti gli autori citati da Antonio Calabrò (vedi articolo di apertura di Zoomsud) e anche altri che lui, stavolta, non ha citato. Per esempio, ho passato molti anni della mia vita leggendo e rileggendo Pasolini.
Non ho nulla contro gli omosessuali. Che il signor X voglia voler essere assistito in ospedale dal suo compagno Y, o che il signor WW voglia lasciare i suoi beni al signor Z, che il signor S e il signor R vogliano condividere casa e conto in banca (e vale per la signora X e la sua compagna Y ecc. ecc.) mi sembrano diritti personali inattaccabili.
Sono contraria al matrimonio omosessuale. Perché, come ben sapeva la cultura classica, nomen sunt consequentia rerum: insomma, le parole non possono essere usate a casaccio, e matrimonio vuol dire munus mater: ovvero, unione da cui può derivare un figlio. E l’unica unione che può produrre un figlio è quella tra un uomo e una donna.
Una società che perde il senso della sua stessa lingua esprime un travaglio importante, una crisi da cui non si esce semplicemente tagliando i nodi.
Ritengo mio diritto costituzionale esprimere questa, come altre mie opinioni. Quando l’Italia garantirà l’ossimorico matrimonio omosessuale e considererà legale l’utero in affitto non espatrierò e neppure mi straccerò le vesti. Ma vorrei poter continuare a esprimere, serenamente, le mie opinioni.
Che, talvolta, mi avvicineranno, magari, ai più conservatori, talora ai più riformisti e qualche altra ai più rivoluzionari. Anche se non è mio obiettivo far parte dell’uno o dell’altro gruppo, come non è essere moderna oppure ostile alla modernità. Ma, solo – finché manterrò luce di coscienza – provare a ragionare (bene o male, che sia) con la mia testa.