Reggio e la Calabria? Nessuno le ama, neanche i calabresi

Reggio e la Calabria? Nessuno le ama, neanche i calabresi

Anfesibenadi ANTONIO CALABRO' - Non appena nominata Presidente della commissione Antimafia, l’onorevole Bindi, eletta proprio a Reggio, ha tuonato: “ … sicuramente i problemi della Calabria hanno molte cause, ma la causa principale è la ‘Ndrangheta.” Perfetto. Lancia in resta e guerra dichiarata, vedrete che entro un secolo o due, adesso che anche la politica finalmente ha aperto gli occhi, questa piaga verrà sanata.


A casa vostra l’acqua del rubinetto è simile a quella dei pozzi Apache dell’Arizona, ugualmente salmastra e virulenta. Le strade di Reggio ricordano la Beirut dei tempi eroici e gli ingorghi sono come quelli di un videogame impallato. La spazzatura si accumula formando Ziggurat maleodoranti e infestati di blatte. Le scuole sono super affollate e prive di servizi essenziali.

Una miriade di edifici e capannoni industriali giacciono abbandonati tra erbacce e rifiuti diventando l’habitat dei disperati. Migliaia e migliaia di case, semiabusive, diroccate, sporche, incomplete, deturpano il paesaggio e danno una impressione terzomondista veritiera. Grandi opere iniziate e mai finite sfregiano il territorio come le ferite di uno splatter. Le due strade che ci collegano alla civiltà sono da sempre, incessantemente, presidiate da lavori in corso, rifacimenti, allargamenti.

Il Museo, e che Museo, è sigillato con i Bronzi stesi a dormire. Innumerevoli attività economiche aprono e chiudono in un Amen, con le banche che tengono ben chiusi i rubinetti del credito con gli onesti, mentre prestano milioni a gogò ai comparucci della finanza. Si gettano soldi a camionate in progetti inutili già dalla loro formulazione, e sono soldi pubblici, e questi progetti vengono sbandierati all’inizio come “la nuova fase”, per poi fallire miseramente in pochissimo tempo.

Le spiagge, e che spiagge, sono sudice e abbandonate, se non quelle dei privati, naturalmente, i depuratori non funzionano e i nostri due mari sono inquinati come il Po. I pendolari viaggiano in treni degni di Calcutta, la ferrovia pensa solo a tagliare e chiudere stazioni e riscuotere multe.

E poi la sporcizia. Ovunque. Nell’Aspromonte, nelle città, nei paesi, nelle piazze, in via marina, nei luoghi deputati al bello. I nostri politici si scannano tra loro azzannando l’osso senza alcuna voglia di mollare e disinteressandosi completamente della realtà. I soldi girano, girano, girano, ma è un cerchio chiuso, un Ancient-Regime che dura da sempre.

Non c’è avanzamento sociale, i giovani si laureano e scappano via, gli imprenditori falliscono, i malcapitati salvano i posti di lavoro impegnandosi a lavorare dieci ore al giorno senza aumento salariale, le forze dell’ordine non hanno benzina, automobili, forse neanche proiettili, le procure mancano di fotocopiatrici e fanno i turni nei pochi computer.

Si spendono somme enormi in feste e festini, si stanziano fondi per i circoli di poker, di canottaggio, di alpinismo (soldi pubblici), e non c’è sostegno ai disabili, non c’è aiuto agli anziani, alle famiglie, non ci sono biblioteche, i teatri vivono di elemosina, non c’è musica, non c’è poesia, non c’è cultura, non c’è bellezza, non c’è natura, non c’è niente. Niente di niente. E tutto questo per colpa della ‘Ndrangheta. Certo, troppo facile, onorevoli. Troppo facile per voi, politici dalle larghe vedute, sostenere questo, e troppo facile per noi sostenere che magari la ‘Ndrangheta c’è perché lo Stato è assente. Da decenni, da sempre, lo Stato è assente. Eccoli, adesso direte, i soliti vittimismi.

Non è vittimismo. Non crediamo affatto di essere privi di colpe. Le conosciamo bene le nostre colpe. A forza di analisi, ci martoriamo e ci fustighiamo tutti i santi giorni. Non è vittimismo. È soltanto un modo di vedere le cose, illudendosi che lo Stato, la Nazione, la Patria, chiamatela come volete, non debba essere una entità astratta, un Babbo Natale giornaliero che invia regali, una mammella bovina da cui attingere il latte prodigioso delle ricchezze istantanee. Pensavamo, e lo pensiamo ancora, che lo Stato dovrebbe fare uno sforzo, anche gigantesco, anche epocale, per dare l’opportunità ai Calabresi di vivere in una società civile. Impegnando risorse e mezzi con generosità e rigore. Combattere la ‘Ndrangheta, certo, con tutta la forza possibile, con l’esempio concreto, e senza mai abbassare la guardia. Ma soprattutto creando le condizioni per far percepire ai calabresi la dignità e la serenità di vivere bene in casa propria. Senza elemosine, senza progetti megagalattici, senza mostri industriali inquinanti e devastanti, senza bugie.

Plinio il vecchio racconta di un serpente tremendo e terrorizzante: L’Anfesibena. Un serpente a due teste. Ecco, le organizzazioni criminali sono così. Serpenti a due teste. Una è quella manigolda e spaventosa del latitante e dell’affiliato. L’altra è quella ridanciana e ottimista dell’uomo di potere. Un serpente che può morire solo tagliando entrambe le teste.

La ‘Ndrangheta prospera dove lo Stato latita. Non è solo un modo di dire. La criminalità organizzata al Sud è l’effetto di un secolo di storia sbagliata e sbilanciata. Non è causa. È effetto.

E non è neanche questo il problema principale. Il problema più grave è che nessuno vuole bene alla Calabria. Nessuno la ama davvero. Sarò anche un sentimentale, sarò anche fuori dalle logiche della politica alta, sarò fanciullesco e banale, ma è con gli occhi dei bambini che si scopre la verità.

Nessuno vuole bene alla Calabria, neanche i Calabresi, e tutti la sfruttano per il proprio tornaconto, come fosse una donna di malaffare. Senza amore, senza passione, senza sentimento, l’uomo è soltanto un tacchino capace di risolvere equazioni matematiche, sosteneva quel testone di Fabrizio De Andrè.
Ed aveva perfettamente ragione.