«Per i ventenni di Reggio che d’estate si lanciano sulla 106 a caccia della spiaggia migliore – o più alla moda quell’anno – l’esperienza ha sempre qualcosa di avventuroso. A ovest, la costa tirrenica è raccolta, discreta, sassosa, rassicurante, si raggiunge in autostrada e il panorama vira sui colori tenui degli scogli e di una vegetazione uniforme. (…) Dirigersi a est, invece, è tutt’altra faccenda: dopo Melito la costa jonica diventa accecante, le sue acque suggeriscono orizzonti lontani, macchie brulle da spaghetti western si alternano di continuo a zone lussureggianti di gelsomini e olivi, fichi d’india e mandorli. Se perfino per i reggini attraversare la jonica grecanica significa ritrovarsi a quaranta chilometri da casa in un luogo allo stesso tempo familiare e insolito, chi ci arriva per la prima volta rimane quasi sempre spaesato.»
Dalla 106, tra il mare e le montagne, tante piccole strade «si inerpicano sulle colline e poi conducono fino all’Aspromonte: nell’arco di una decina di chilometri si può passare dal livello del mare a mille metri di quota, a patto di guidare piano ed esser disposti a rischiare la frizione.»
Antonio Talia, reggino di nascita, giornalista esperto di politica estera, percorre la strada lunga sullo Jonio e le più piccole dal mare verso l’Aspromonte in Statale 106. Viaggio sulle strade segrete della ‘ndrangheta, edito da Minimum Fax, convinto che non si tratti di «una strada statale litoranea, ma un abominio statistico di dimensioni internazionali: sono abbastanza sicuro che non esista al mondo una densità di fenomeni del genere come quella che si concentra nell’arco dei 104 chilometri tra Reggio Calabria e Siderno. Quindi, la sindrome deve essere necessariamente il precipitato di una combinazione unica di elementi e condizioni che si sono coagulati solo qui, e non altrove. Percorrere tutti quei 104 chilometri mi pare l’unica maniera per decifrarla.»
Un libro che avrebbe potuto essere di “letteratura di viaggio”, diventa così un reportage sulla ‘ndrangheta, sui suoi crimini, sulla sua psicologia, sulla «geografia occulta costituita da intrecci, parentele, cognomi ricorrenti e nomi di battesimo che fluiscono sottotraccia»: sulle connessioni e le diramazioni che, da Siderno, da Platì, da Africo, intersecano schegge ‘ndranghetiste in Canada, Germania, Australia, Hong Kong, ovvero nei quattro punti cardinali e nei cinque continenti.
«Nell’ultimo tratto prima di lasciare Bocale, sulla sinistra, contro le colline brulle si staglia una colonna di marmo di Carrara con gli emblemi di San Francisco, Seul, Cordova, Smirne, Atene e Reggio Calabria. Il monumento indica il punto preciso in cui il 38° parallelo Nord incrocia la Statale 106, ed è stato posato nel 1987 – nel pieno della seconda guerra di ’ndrangheta – “per celebrare un ideale legame di collaborazione fra tutte le città che giacciono sul parallelo”. Forse il monumento è stato approvato da qualche amministratore di buona volontà, ma fallisce nel suo intento perché cerca di stabilire un legame meramente geografico, mentre le ramificazioni che si dipartono da queste zone viaggiano su frequenze più sottili.»
Talia analizza con cura fatti ben conosciuti, gli omicidi Ligato e Fortugno, la rivolta del Boia chi molla, la strage di Duisburg, i sequestri di persona, la morte di Orsola Fallara, i traffici di droga, lo spostamento di interessi economici in Europa e nel mondo ed eventi molto meno noti (particolarmente curiosa la diffusione dell’allevamento di struzzi e i collegamenti con gli interessi della ‘ndrangheta in Australia) per un ritratto particolarmente attento agli aspetti psicologici della ‘ndrangheta. Criminalità senza “eroi” da film per un fenomeno che, a suo parere, resta calabrese, anche se a diffusione internazionale: «Alla ’ndrangheta globale non interessa accreditarsi come organizzazione criminale principale su un dato territorio, ma stabilire basi consolidate capaci di applicare le sue regole ancestrali e canalizzare ricchezza verso gli affiliati, tutti originari della madrepatria.»
Il viaggio di Talia lungo la 106, con le deviazioni in varie parti del mondo, si conclude dove inizia, a Reggio. «Anche se nella classifica sulla qualità della vita delle città italiane Reggio Calabria si aggira sistematicamente intorno alla terzultima posizione, qui non si sta male. (…) Basta sapere “come si ragiona qua”. (…) È una città assolata e densa di storie tenebrose, dove la sindrome della zona si manifesta alla massima potenza ma in una forma indefinibile, allo stesso tempo sfuggente e pervasiva. Se questa mentalità si potesse tradurre in una formula, l’unica rappresentazione possibile risulterebbe un’equazione a molte incognite, senza una soluzione generale.»
Di fronte ai tanti che, con coraggio e sacrificio personale lottano contro la ‘ndrangheta, Talia osserva: «Forse, la sindrome ha assunto una consistenza talmente sottile da potersi autoperpetuare a prescindere dagli uomini che la incarnano di volta in volta. Forse, su questo piano più profondo, la sindrome è una patologia del comportamento; un complesso di atteggiamenti, mentalità e rituali, che si combatte instaurando un complesso alternativo, capace di scalzare il precedente. Nei miei momenti più speculativi, a volte, prima di addormentarmi, immagino di tornare a guidare sulla Statale 106. Nell’ora magica subito prima del tramonto il sole taglia l’orizzonte con riflessi di indaco e arancio sulle onde, il vento soffia da nordest e la radio torna a suonare ad alto volume dopo l’ultima interferenza. La Statale è così bella che sembra quasi pacificata. »
Antonio Talia Statale 106. Viaggio sulle strade segrete della ‘ndrangheta, Minimum Fax, pp312, euro 15.30