SU SIBARI e LA CALABRIA. Mai più fango

SU SIBARI e LA CALABRIA. Mai più fango
toro cozzante Una toccata e fuga. Dopo qualche anno sono tornato in Calabria. Ieri sono stati riaperti, come ho scritto nei giorni scorsi, gli scavi di Sibari. Quattro anni fa, era gennaio, furono sommersi da un mare di fango provocato dall’esondazione del fiume Crati. Gli argini non erano stati curati e sulle sue sponde per centinaia di ettari erano sorte, abusivamente ma anche grazie ad assurde autorizzazioni pubbliche, coltivazioni di agrumeti, che favorirono (e ancora in gran parte sono lì) la piena devastante. Un disastro. Fu necessario il grido di allarme di un giornale, quasi un tuono per intensità e mai scemato per giorni e settimane,  a dare il senso di quello che era accaduto all’antica città della Magna Grecia. “Mai più fango su Sibari” scrivemmo con forza. E finalmente le sonnolente istituzioni, che non avevano presidiato quel bene inestimabile, si svegliarono dal loro torpore e, pur protagoniste di uno squalificato balletto di responsabilità, finalmente si mossero. Arrivarono ministri, furono predisposti progetti, si stanziarono fondi, mentre anche le idrovore, benché con ritardo e in numero insufficiente, iniziarono ad estrarre centinaia di migliaia di metri cubi di fango.

Ieri è stato molto bello stare lì, girare per quei luoghi, calpestarli con rispetto in una giornata quasi primaverile che rimandava alle suggestioni che i coloni greci, dopo la fondazione di Pithecusa e Cuma, avvertirono quando vennero a stabilirsi da queste parti facendo nascere per prime Sibari e Crotone. Dal Tirreno allo Ionio, ma qui potevano immaginare e quasi sentire gli echi della loro patria al di là del mare. E, a completare un pomeriggio di emozioni, quando a sera sono risalito lungo la costa prima di inoltrarmi in Basilicata, una luna piena si specchiava in quel mare quasi come in una notte d’agosto.

Ora gli Scavi sono di nuovi vivi, Sibari è visitabile, nel suo museo si può ammirare lo straordinario Toro Cozzante che con la colonna dell’omonimo Capo che si trova più a Sud, dopo Crotone, è uno dei due simboli della Calabria. E si continuerà, come ieri è stato solennemente promesso, con nuove iniziative, sistemazioni e scavi. Approfitto dell’occasione, come ieri è stato ricordato, di informare quanti sottoscrissero con piccoli o grandi contributi per la nostra raccolta di fondi, che quelle somme saranno consegnate dal presidente della Fondazione Carical, Mario Bozzo, ai dirigenti della Soprintendenza e al Comune di Cassano Ionico per sostenere il programma di “Notte a Sibari”.

Voglio solo aggiungere, perché non ho potuto farlo nel convegno, i miei ringraziamenti a quanti hanno voluto pubblicamente e in privato testimoniarmi stima e riconoscenza per il lavoro fatto quattro anni fa. In particolare penso al sindaco Giovanni Papasso, che ha usate parole perfino eccessive, al governatore Mario Oliverio, con il quale io fui giustamente non tenero, e poi a all’amico Mario Bozzo, intellettuale raffinato, al rettore dell’Unical Gino Crisci che mi fu vicino mettendo a mia disposizione (non esagero) l’Ateneo, all’editore Florindo Rubbettino, carissima e immancabile presenza nelle cose buone della Calabria, al collega Antonio Iannicelli, generoso, signorile e colto cronista di quei territori, a Antonietta Calabrese, che quasi custodisce i Bronzi di Riace e il Museo di Reggio e tanti amici e conoscenti che ieri ho sentito vicini e affettuosi.

Una toccata e fuga per me. Ma non lo siano per i calabresi gli Scavi di Sibari. Da quel patrimonio può ripartire una nuova stagione. Fuori dai confini regionali vantano primati negativi, come il porto di Gioia Tauro che è il crocevia della coca che la ‘ndrangheta controlla a livello planetario, mentre non c’è un blitz anticriminalità in Italia che non abbia addentellati con la Calabria. E altro si potrebbe aggiungere. Ma quella terra, che quando lasci Campotenese e cominci a scendere verso Sud ti fa battere il cuore come di nuovo mi è capitato ieri, è anche un luogo di bellezze impareggiabili e di giacimenti culturali straordinari. Ci sono i grandi scrittori, quelli del passato da Alvaro a Strati, e quelli moderni da Gangemi a Criaco, c’è tanta bella gente, e poi ci sono siti come Sibari, le cui meraviglie sono solo in parte venute alla luce. Basterà che i calabresi si rendano conto che hanno il compito e il dovere di salvaguardare per conto dell’umanità quel patrimonio che gli appartiene solo in parte per fare il salto di qualità che serve. Sì, mai più fango su Sibari, ma anche mai più fango sulla Calabria.