DOPO LE DIMISSIONI. Scopelliti, dal fattore C al fattore S

DOPO LE DIMISSIONI. Scopelliti, dal fattore C al fattore S

FeS      di ALDO VARANO - Per anni Scopelliti è stato baciato dal “fattore C”. E’ stata la convinzione di osservatori e politici calabresi che per lui rispolverarono il modulo usato per Prodi.

Ma perfino le notizie dell’indagine su Rtl e il fatto che il governatore (ex) della Calabria

sia rimasto impigliato, non perché indagato, ma perché su quella radio investì molti quattrini (del bilancio comunale) con l’argomento che avrebbero migliorato l’immagine della Calabria in Italia, sembra dimostrare che Scopelliti s’è spostato dal “Fattore C” al “Fattore S”, dove S significa: “Sfiga”. E tutto questo prima che il Governatore finisse sotto processo e costretto a dimettersi.

Se poi la Sfiga sia conseguenza di scelte sbagliate o l’irruzione gratuita di un saragattiano “destino cinico e baro” è argomento che qui non viene affrontato.

Il passaggio dalla C alla S, ha (al di là di come questo elemento venga valutato) un momento preciso: la sera in cui Orsola Fallara mandò giù l’acido che la uccise.

Era ancora potente e forte, in quel momento, il Governatore. Ma da lì in avanti le cose iniziarono a rotolare. E’ vero che ancora una volta vinse le elezioni con Arena usufruendo di quella che sembrò una rapida riapparizione del fattore C. Un Csx inchiodato a logiche minoritarie (facilmente travolto nonostante la macchina di voti e consenso di Canale) rinunciò ad andare oltre la solita tradizione stanca e perdente e gli aprì un’autostrada.

Ma fu vittoria di Pirro perché il fattore S sbucò non dallo scontro elettorale col Csx ma quello interno al centrodestra che reagì alla scelta di un incolpevole Arena innescando le disfatte future. In privato gli sopellitiani accettano che sia stata quella la causa scatenante di tutti i guai. Ma con una variante: parte del Cdx avrebbe lavorato per colpire e indebolire l’ex sindaco. Una variante che sottovaluta la capacità offensiva e il disegno strategico del Capo.

Arena fu e venne percepito da una parte del Cdx come il disegno aggressivo di Scopelliti per bloccare (e forse liberarsi) del Cdx che lo aveva accompagnato fin lì. Arena, scartando tutti gli altri, consentiva a Scopelliti di restare il solo dominus espungendo dallo schieramento tutte le sensibilità politiche di destra diverse dalla sua. Senza quello scontro che si può riassumere (ma rischiando una banalizzazione) nella contrapposizione tra Raffa e Foti da un lato e Scopelliti (Tuccio e altri) dall’altro, gli avvenimenti successivi accaduti a Reggio resterebbero privi di spiegazione. Scopelliti forse, ed è stato questo il suo maggiore errore politico, non ha sufficientemente tenuto conto del fatto che da sindaco combatteva con gli avversari interni utilizzando un dominio pieno del potere cittadino; ma dopo il suo allontanamento fisico il controllo di una parte della macchina era passata in parte direttamente al nemico interno.

L’avversione preconcetta e radicale all’ipotesi che Raffa (che pure era vicesindaco) si candidasse sindaco fece esplodere, a Reggio e in provincia, tutti gli equilibri. Salvare il soldato Raffa per il cdx non scopellitiano significò difendere la propria sopravvivenza. A Scopelltiti venne imputata, a ragione o torto, un’operazione annientamento del berlusconismo da cui si sentiva graziato e garantito l’establishment reggino.

Raffa candidato presidente della Provincia (non essendo riuscito a fare il sindaco) fu l’inizio della controffensiva (gestita a Roma direttamente da Cicchitto con Foti, allora entrambi con B) che fece saltare in aria tutti gli stracci. Dalle stanze più riservate dei Palazzi del Potere iniziarono a trapelare notizie e dettagli su una gestione del Comune indicata come allegra e talvolta corrotta. La Fallara ci rimise l’immagine e la vita, per prima. Poi fu la volta degli altri. Per questa via, e per questa via soltanto, si arrivò alle ispezioni e infine allo scioglimento del Consiglio comunale; impensabili senza la ferocia di quello scontro.

Scopelliti usufruì di una pallida riemersione del “fattore C” quando parte della sinistra, soprattutto quella più minoritaria che mai aveva rinunciato alla possibilità che la giustizia ne surrogasse l’impotenza politica, si buttò sullo scioglimento rivendicandone la paternità. Scelta grottesca (quasi un millantato credito) che finì con l’avvantaggiare il Governatore che trovò nuova legna per alimentare lo schema del complotto dall’interno delle mura della città.

Fu un regalo ingenuo e straordinario – onestamente inspiegabile senza il fattore C - all’ex sindaco del modello Reggio. Modello che, al contrario di quel che sostiene una certa vulgata, ebbe un successo netto e clamoroso perché era, prima di tutto il resto, il Modello di un uso politico del bilancio comunale finalizzato alla scalata, in una prospettiva sempre più ampia (Regione, Roma etc) di un gruppo politico e di potere. Sostanzialmente corretta è l’accusa che dal resto della Calabria (non a Reggio) è stata fatta al Governatore di voler esportare il Modello Reggio quando nel resto della regione s’è avvertito il peso di un progetto che privilegiava gli scopellitiani calabresi anziché l’insieme del cdx.

Ma ormai – di nuovo il fattore S - Scopelliti si trovava (non a Reggio e in Calabria) ma in Italia, dalla parte sbagliata. Il berlusconismo era finito. Distrutto non da giudici e sentenze ma da 12 milioni di italiani (un bel po’ anche in Calabria) che avevano tolto il voto allo schieramento guidato da B e al Pdl (quasi 8 milioni i voti perduti dal solo partito del Cavaliere (ex), in Calabria guidato da Scopelliti.

Il Governatore capì prima degli altri che era finita per sempre mentre gli altri si crogiolavano con l’illusione che B sarebbe tornato come venti anni fa. Non a caso aveva già scelto Alfano per continuare a giocarsi la partita del potere mentre i suoi vecchi avversari calabresi, soprattutto a Reggio e Provincia, anche in odio a lui, s’aggrappavano alla rinata Fi condannandosi alla certezza della sconfitta e/o della marginalità.

Scelte giuste, ma rispunta il fattore S con una condanna che lo costringe a restare appeso senza chiodi corde e spuntoni a una parete verticale.

Mai dire mai. Scopelliti è candidato alle europee. Un po’ poco per chi ha i suoi trascorsi. Anzi, un drastico ridimensionamento. Ma se venisse eletto riuscirebbe a non uscire definitivamente dal giro. Se ce la farà si giocherà la partita della vita: riconquistare il Comune di Reggio, prima di tutto, e pesare molto nella scelta delle candidature alla Regione.

Certo, ha dovuto fare i conti con l’ultima botta del fattore S: il ritrovarsi proprio al ministero delle Regioni una ministra calabrese istituzionalmente costretta a non distrarsi dal punto di vista istituzionale (curiosa la pretesa non lo facesse) dalle vicende in cui è coinvolta la Calabria.

Ma della prospettive e dei progetti politici dell’ormai dimessosi Governatore ragioneremo un’altra volta.